Linfomi, ecco anticorpi monoclonali e farmaci biologici


Integrano i trattamenti convenzionali con chemioterapia e radioterapia e fanno crescere la percentuale di guarigione o remissione della malattia.   «Non siamo ancora al punto di poter fare a meno della chemioterapia ma in alcuni casi siamo già in grado di curare il linfoma attraverso la sola associazione di anticorpi monoclonali e farmaci biologici: la […]

Integrano i trattamenti convenzionali con chemioterapia e radioterapia e fanno crescere la percentuale di guarigione o remissione della malattia.

 

«Non siamo ancora al punto di poter fare a meno della chemioterapia ma in alcuni casi siamo già in grado di curare il linfoma attraverso la sola associazione di anticorpi monoclonali e farmaci biologici: la loro azione congiunta può riuscire a bloccare la crescita della cellula linfomatosa». Lo afferma il professor Umberto Vitolo, medico ematologo della Clinica Fornaca, direttore della Struttura complessa di Ematologia della Città della salute e della scienza di Torino, fondatore e past president della Fondazione italiana linfomi.

I linfomi sono tumori del tessuto linfatico e interessano il sistema immunitario di chi ne è colpito. Hanno, di norma, origine nei linfonodi e poi si diffondono al midollo osseo, alla milza e al fegato. Figurano oggi al quinto posto nella graduatoria dei tumori più frequenti, preceduti da quelli di polmone, mammella, colon retto e prostata: «Negli ultimi 10-15 anni se n’è registrato un notevole incremento che può essere attribuito a varie cause – spiega il professor Vitolo -, da ricercare in primis in agenti e sostanze che stimolano il sistema immunitario e, nei soggetti predisposti, lo alterano fino a produrre il tumore». Tra gli agenti responsabili del tumore possono esserci alcuni virus: «La diffusione dell’HIV, virus che colpisce il sistema immunitario, provocò ad esempio negli anni ‘90 un forte aumento nell’incidenza di linfomi», ricorda il professor Vitolo. Che aggiunge: «Molti linfomi riconoscono un’eziologia virale, tanto che in diversi casi all’interno della cellula tumorale del linfoma si trovano integrate tracce del Dna del genoma del virus».

I linfomi si dividono in due grandi categorie: Hodgkin e non Hodgkin. Possono colpire varie fasce di età: la maggiore incidenza si registra in chi ha già superato i 40-50 anni, anche se il linfoma di Hodgkin non è affatto infrequente per chi ha un’età compresa tra i 16 e i 30 anni. «Anche per il linfoma la diagnosi precoce è molto importante – assicura il professor Vitolo -. I sintomi possono essere chiari: febbre continua, sudorazione abbondante, dimagrimento e ingrossamento delle ghiandole linfatiche suggeriscono di rivolgersi a un medico. Ma anche chi registra il semplice ingrossamento di una ghiandola linfatica (collo, ascella, milza) a fronte di uno stato generale di benessere farà bene a rivolgersi al medico curante che, nel caso, lo indirizzerà da un ematologo».

Nei pazienti con linfoma, i trattamenti convenzionali che integrano chemioterapia e radioterapia sono in grado di fornire risposte efficaci: «Il 60-70 per cento dei pazienti conosce la guarigione o comunque lunghe fasi di remissione della malattia», conferma il professor Vitolo. Ma negli ultimi anni a integrare i tradizionali chemioterapici hanno provveduto nuovi farmaci: «Sono quelli capaci di agire esclusivamente su un preciso bersaglio che contiene la cellula tumorale – aggiunge -. La loro diffusione ha portato alla nascita di centinaia di terapie oncologiche di questo tipo, tanto che oggi la percentuale di pazienti che guarisce dal linfoma di Hodgkin è arrivata al 90 per cento». Un percorso di ricerca che, anche attraverso il network di collegamento tra Centri ematologici che vede Torino tra le realtà protagoniste, non si ferma: «Riprogrammare il sistema immunitario del paziente facendo sì che possa reagire spontaneamente contro le cellule del tumore fino a eliminarle – conclude il professor Vitolo -. Sembrava un sogno ma oggi l’ultima frontiera della ricerca rivela anticorpi che bloccano gli inibitori tumorali e risvegliano l’attività del sistema immunitario contro il tumore. Sono i cosiddetti checkpoint inhibitors, particolarmente attivi proprio contro i linfomi di Hodgkin e i melanomi».