Artrite reumatoide, attenti a quei dolori alle articolazioni


L’artrite reumatoide è una malattia infiammatoria cronica e autoimmune che colpisce soprattutto le donne: «Le tecniche di imaging e l’avvento dei nuovi farmaci rendono possibile una diagnosi più precoce e cure più efficaci», spiega il dottor Vittorio Modena, reumatologo della Clinica Fornaca. L’artrite reumatoide è la più frequente tra le malattie reumatiche infiammatorie croniche e […]

L’artrite reumatoide è una malattia infiammatoria cronica e autoimmune che colpisce soprattutto le donne: «Le tecniche di imaging e l’avvento dei nuovi farmaci rendono possibile una diagnosi più precoce e cure più efficaci», spiega il dottor Vittorio Modena, reumatologo della Clinica Fornaca.

L’artrite reumatoide è la più frequente tra le malattie reumatiche infiammatorie croniche e autoimmuni. Riguarda soprattutto le donne ed è solita esordire tra i 30 e i 50 anni di età. «Di solito non compare in modo brutale – spiega il dottor Vittorio Modena, reumatologo della Clinica Fornaca e primario emerito di Reumatologia delle Molinette di Torino – ma è introdotta da dolore alle piccole articolazioni di mani e piedi, a polsi, ginocchia e spalle. Colpisce in modo simmetrico e si fa sentire in special modo al mattino, quando porta con sé una rigidità articolare caratteristica in grado di durare anche per qualche ora». Il compito del reumatologo è quello di bloccare il processo infiammatorio prima che le articolazioni vengano seriamente compromesse.

In sede di diagnosi, la valutazione clinica e alcuni test di laboratorio vengono affiancati da radiologia tradizionale, ecografia e Risonanza magnetica, tecniche di imaging che aiutano anche il follow up del paziente: «L’esame ecografico mi permette di vedere quanto è infiammata l’articolazione che sto curando e di registrarne l’evoluzione, mentre la Risonanza magnetica può dirmi anche se la malattia sta per aggredire l’osso – specifica il dottor Modena -. Ambedue le informazioni saranno preziose per consentirmi la corretta modulazione della terapia».

«Per la diagnosi di qualunque malattia reumatica, il reumatologo confida molto nel racconto del paziente. Prima ancora di valutare i risultati degli esami, è importante che il medico parli con lui e gli rivolga tutte le domande che possono aiutare il suo lavoro d’indagine». Il paziente si rivolge al reumatologo perché ha un chiaro sintomo: il dolore. «Ma quello è solo il punto di partenza – incalza il dottor Modena -. Da lì occorre muoversi per capire da quanto tempo è presente, che ritmo ha (compare di giorno, di notte, al mattino o al risveglio?), quanto dura, quali articolazioni riguarda e se è accompagnato da tumefazioni articolari». Altrettanto importante è sapere se questo dolore è stato preceduto da altri sintomi (tipo un mal di gola o un’infiammazione urinaria o intestinale) o se è accompagnato da altre manifestazioni cliniche: «Malattie cutanee, patologie oculari, cardiologiche, polmonari, urinarie, intestinali, neurologiche o vascolari, nonché manifestazioni delle mucose come aftosi, ulcerazioni o secchezza – elenca il dottor Modena -. Ciascuno di questi sintomi può rappresentare il segno in grado di orientare in modo corretto la diagnosi del reumatologo».

Le malattie autoimmuni sono il risultato di una reazione scorretta del sistema immunitario. Quest’ultimo riconosce come estranei i tessuti sani del nostro organismo, li attacca e ne può condizionare pesantemente il loro funzionamento fino a lederne la stessa struttura. Articolazioni, vasi sanguigni, tessuto connettivo, ghiandole endocrine come tiroide o pancreas, ghiandole esocrine come quelle salivari e lacrimali, reni, tessuto nervoso, muscoli e pelle possono essere attaccati e danneggiati da queste malattie.

«Gli ultimi quindici anni hanno radicalmente cambiato il modo di affrontare le malattie infiammatorie croniche delle articolazioni – spiega il dottor Modena -: oggi i nuovi farmaci biotecnologici agiscono in modo più selettivo permettendo di interferire sulla risposta immunologica e infiammatoria con conseguenze positive sul controllo della patologia». L’utilizzo precoce dei farmaci convenzionali e l’avvento dei farmaci biotecnologici, uniti ai progressi dell’imaging, hanno favorito un cambio epocale: «Oggi possiamo prevenire o comunque frenare il processo erosivo articolare che, se non impedito o interrotto, può condurre a invalidità permanenti, capaci di impattare pesantemente sulla vita del paziente e della sua famiglia nonché sui costi personali e sociali».

Le tecniche diagnostiche e i nuovi farmaci hanno altresì consentito di modificare l’approccio medico al paziente: «Diagnosi e terapia risultano oggi molto più precoci – conclude il dottor Vittorio Modena -: abbiamo la possibilità di monitorare strettamente il paziente attraverso una serie di indici oggettivi che misurano la malattia e l’efficacia della cura». I farmaci biotecnologici non sostituiscono i farmaci tradizionali (che in molti casi, se usati precocemente possono essere sufficienti a controllare la patologia) ma possono completarne e fortificarne l’azione quando non si rivelano sufficienti. L’obiettivo terapeutico del reumatologo rimane in ogni caso quello di mandare in remissione la malattia o comunque renderla “dolce” al punto da non dare grossi problemi nella vita di tutti i giorni. Un risultato che oggi può essere raggiunto fino al 70 per cento dei casi trattati precocemente.