Artrosi dell’anca: dalla terapia infiltrativa alla chirurgia protesica


Il dottor Carlo Faletti e il professor Alessandro Massè, specialisti della Clinica Fornaca, ne hanno discusso ai “Martedì Salute” rispondendo alle domande del pubblico in sala: «La protesizzzazione non è né una passeggiata né un obbligo – hanno osservato – comportamenti e azioni adeguate possono dare al paziente una giusta Qualità di vita». “La gestione […]

Il dottor Carlo Faletti e il professor Alessandro Massè, specialisti della Clinica Fornaca, ne hanno discusso ai “Martedì Salute” rispondendo alle domande del pubblico in sala: «La protesizzzazione non è né una passeggiata né un obbligo – hanno osservato – comportamenti e azioni adeguate possono dare al paziente una giusta Qualità di vita».

“La gestione dell’artrosi dell’anca: dalla terapia infiltrativa alla chirurgia”: ne hanno parlato il 23 ottobre alla GAM Galleria d’arte moderna di Torino nell’ambito dei “Martedì Salute”, il dottor Carlo Faletti, radiologo della Clinica Fornaca e il professor Alessandro Massè, ortopedico della Clinica Fornaca e direttore della Prima clinica ortopedica del CTO presso la Città della salute e della scienza di Torino.

«La protesizzazione non è né una passeggiata né un obbligo», ha ammonito il dottor Faletti introducendo il tema delle terapie infiltrative e ricordando le oltre 8mila viscosupplementazioni da lui stesso eseguite. «L’infiltrazione nell’articolazione coxo-femorale non può prescindere da un approccio di imaging poiché la guida deve essere ecografica – ha ribadito -. Il prodotto utilizzato è l’acido ialuronico a elevata viscosità che permette una migliore lubrificazione: la viscosupplementazione non guarisce l’anca ma le consente di lavorare in modo più congruo soprattutto dove c’è un’usura della cartilagine e una produzione artrosica». Le terapie infiltrative non sono per tutti: «Al paziente servono determinati requisiti – ha rivelato il dottor Faletti -: avere meno di cinquant’anni ed essere perciò troppo giovane per una protesi, non volere la protesi, essere in attesa della protesi». Per tutti loro l’acido ialuronico rappresenta una soluzione temporanea in grado di migliorare in modo sensibile la Qualità di vita.

Nello studio dell’anca la Diagnostica per immagini riveste un ruolo di primaria importanza, reso ancora più importante dai grossi passi avanti compiuti nel corso degli ultimi anni. «In particolare – ha spiegato il dottor Faletti – l’avvento della Risonanza magnetica ha permesso di rispondere a determinati quesiti clinici che non risultavano così conosciuti». L’approccio moderno per lo studio dell’articolazione coxo-femorale del bacino passa per la radiologia tradizionale («Talvolta attraverso l’ecografia e, in casi molto limitati, la TC», ha precisato il dottor Faletti), ma vede nella Risonanza magnetica l’indagine più sensibile e specifica: «Non solo per quanto riguarda l’articolazione ma anche per tutta la componente muscolare che viene identificata come cuffia del trocantere».

Introducendo la chirurgia protesica per il trattamento dell’artrosi dell’anca, il professor Massè ha ricordato come questa rappresenti: «Una procedura di provata efficacia nell’eliminare i sintomi, nel consentire un recupero del movimento articolare e quindi nel permettere un ritorno alla vita attiva». Il progresso nelle tecniche anestesiologiche e chirurgiche ha prodotto una drastica riduzione del disagio provato dai pazienti e un’accelerazione dei tempi di recupero: «Per contro – ha proseguito -, informazioni non adeguate possono portare i pazienti a ritenere che si tratti di procedure mininvasive e prive di rischi, mentre continua a trattarsi di una chirurgia maggiore da adottare in pazienti che presentano una compromissione severa della Qualità di vita. Un’informazione adeguata sui benefici attesi dall’intervento, ma anche sulle potenziali complicanze e controindicazioni, è fondamentale per stabilire un corretto “patto terapeutico” tra paziente e chirurgo».

Tra i sintomi più ricorrenti e precisi c’è quello del dolore: «Quasi sempre sull’inguine – ha confermato il professor Massè -, di frequente irradiato a coscia e ginocchio, si rivela soprattutto a inizio movimento ed è quasi sempre assente a riposo». L’artrosi provoca anche una limitazione del movimento: «Flettere e allungare l’anca diventa faticoso e può ripercuotersi in modo pesante sulla Qualità di vita del paziente». Cure e stile di vita adeguati (perdita di peso, giusta attività fisica) possono procrastinare l’intervento conservando un’adeguata Qualità di vita, tuttavia «quando i sintomi sono di un certo tipo è bene non aspettare oltre e procedere con l’intervento», sottolinea il professor Massè. Intervento che per definirsi riuscito deve coniugare al meglio chirurgia, anestesia e riabilitazione: «In tema strettamente chirurgico, l’accesso posteriore è il più diffuso e facile – ha risposto a specifica domanda-, mentre l’accesso anteriore ha un recupero più veloce ma comporta un intervento più lungo e un’anestesia più complessa».

In conclusione, affrontare per tempo l’anca dolorosa, adottando comportamenti e azioni adeguate al grado di artrosi presente, può consentire al paziente di mantenere una giusta Qualità di vita e di svolgere (quasi) tutte le attività sportive praticate in precedenza: «Sono da evitare gli sport di contatto – hanno concluso i due specialisti della Clinica Fornaca -, un’attenzione che renderà ancora più durevole l’eventuale protesi d’anca».