L’interventistica nelle cardiopatie complesse tra presente e futuro


Al Comitato scientifico della Clinica Fornaca ne hanno parlato il dottor Francesco Milone e la professoressa Patrizia Presbitero in una lectio magistralis che si è soffermata sulle principali scoperte scientifiche oggi in grado di rendere più efficaci diagnosi e terapia. Una sentita standing ovation del folto pubblico riunito nella Sala Torino del Centro Congressi dell’Unione […]

Al Comitato scientifico della Clinica Fornaca ne hanno parlato il dottor Francesco Milone e la professoressa Patrizia Presbitero in una lectio magistralis che si è soffermata sulle principali scoperte scientifiche oggi in grado di rendere più efficaci diagnosi e terapia.

Una sentita standing ovation del folto pubblico riunito nella Sala Torino del Centro Congressi dell’Unione Industriale di Torino ha concluso, mercoledì 3 aprile, l’appuntamento del Comitato scientifico della Clinica Fornaca che ha visto il dottor Francesco Milone e la professoressa Patrizia Presbitero illustrare “L’interventistica nelle cardiopatie complesse: quello che si può, che si deve e che si potrà fare”. 

I due cardiologi hanno tenuto un’autentica lectio magistralis che ha ripercorso la storia recente della cardiologia interventistica e si è soffermata sulle principali scoperte scientifiche che hanno permesso diagnosi e terapie sempre più individualizzate ed efficaci nei confronti del paziente. «Oggi in Italia circa il 46 per cento dei decessi è riconducibile a cause di natura cardiovascolare – ha premesso il dottor Milone -, tuttavia i tanti progressi registrati negli ultimi decenni in campo cardiologico hanno spesso consentito di migliorare la prognosi e allontanare la malattia».

A fronte di un paziente complesso che può risultare tale in quanto anziano e fragile, a volte instabile, molto spesso con patologie cardiache ed extracardiache associate (scompenso cardiaco, diabete, insufficienza respiratoria, vasculopatia periferica, insufficienza renale), emergono lesioni complesse che richiedono competenze e tecnologie sempre più raffinate: «L’introduzione degli stent medicati ha rappresentato un’autentica rivoluzione – ha citato a mo’ di esempio il dottor Milone – perché ha ridotto drasticamente il rischio di stenosi prima esistente. I nuovi materiali degli stent, dall’acciaio al cromo-cobalto e platino-cromo, hanno consentito di trattare lesioni sempre più complesse. Infine, il trattamento delle occlusioni totali croniche ha subito una vera rivoluzione con la tecnica di disostruzione per via retrograda, con una percentuale di successo che ha raggiunto il 90 per cento anche nei casi più difficili». Nel campo delle valvulopatie la stenosi aortica severa oggi può essere trattata per via percutanea sia nell’anziano fragile che nel paziente a rischio intermedio o basso, con grande efficacia e con complicanze inferiori rispetto all’intervento chirurgico tradizionale. L’impianto percutaneo di valvola aortica (la “TAVI”) diventerà probabilmente a breve il trattamento di scelta dei pazienti con più di 75 anni con stenosi aortica severa sintomatica.

Anche nel campo della patologia mitralica sono stati fatti importanti progressi, minuziosamente illustrati dalla professoressa Presbitero: l’insufficienza mitralica severa, la valvulopatia più frequente nella popolazione ultrasettantenne, può oggi essere trattata con un intervento percutaneo, la cosiddetta MitraClip, che prevede il posizionamento di una “clip”, appunto, sui due lembi mitralici, attraverso un catetere introdotto per via venosa femorale. Tale procedura, con un basso rischio operatorio, è in grado di ridurre drasticamente il grado di insufficienza, con benefici immediati sui sintomi e sulla qualità di vita, in pazienti che non possono essere sottoposti all’intervento cardiochirurgico tradizionale.

Infine è stato evidenziato il ruolo della cardiologia interventistica nella prevenzione degli episodi ischemici cerebrali su base cardio-embolica. La chiusura del forame ovale pervio (PFO) attraverso un “ombrellino” introdotto per via venosa femorale e posizionato sul setto interatriale e la chiusura dell’auricola, in pazienti in fibrillazione atriale che hanno controindicazioni alla terapia anticoagulante, sono procedure di confermata efficacia in grado di evitare che piccoli trombi situati a livello dell’atrio sinistro possano embolizzare e andare a occludere le arterie a livello cerebrale.