«Ernia addio», il merito è della tecnica laparoscopica mininvasiva


Qualità dell’intervento, assenza di dolore e ripresa immediata dell’attività lavorativa e sportiva: i motivi che rendono la tecnica laparoscopica sempre più ricercata dai pazienti. «L’integrità della parete addominale è fondamentale per il benessere del paziente», spiega il dottor Paolo De Paolis, chirurgo generale della Clinica Fornaca e presidente emerito della Società italiana di Chirurgia.   […]

Qualità dell’intervento, assenza di dolore e ripresa immediata dell’attività lavorativa e sportiva: i motivi che rendono la tecnica laparoscopica sempre più ricercata dai pazienti. «L’integrità della parete addominale è fondamentale per il benessere del paziente», spiega il dottor Paolo De Paolis, chirurgo generale della Clinica Fornaca e presidente emerito della Società italiana di Chirurgia.

 

«Oggi la Chirurgia generale è prevalentemente rappresentata dalla Chirurgia addominale e consiste in una chirurgia capace di fornire un ritorno rapido al benessere del paziente. In questo ambito, si inseriscono gli interventi della parete addominale: le ernie in tutte le sue forme (inguinali, ombelicali, post operatorie quali i laparoceli) che rappresentano una grossa fetta dell’attività chirurgica generale, così come la calcolosi della colecisti, altra patologia di ampio riscontro in una larga quota della popolazione».

Il dottor Paolo De Paolis, chirurgo generale della Clinica Fornaca, già presidente della Società italiana di Chirurgia nonché direttore della Chirurgia generale d’urgenza e Pronto soccorso di Molinette e CTO (Città della Salute e della Scienza di Torino), è tra i maggiori specialisti in tema di chirurgia mininvasiva e laparoscopica: «La parete addominale è oggi vista come un organo a sé stante, la sua integrità è fondamentale per il benessere del paziente», afferma.

Dottor De Paolis, perché l’ernia risulta tanto frequente e qual è la sua incidenza?

«L’ernia interessa oltre il 10 per cento della popolazione maschile e rappresenta una quota di invalidità per il disturbo che implica in termini di libertà di movimento e attività fisica. È altrettanto invalidante per chi, dopo aver già subito un intervento, vede ripresentarsi un problema di cedimento della ferita che richiede un nuovo intervento chirurgico. L’ernia inguinale è quella più frequente perché l’inguine è la regione congenitamente più debole: nel bambino è la sede del passaggio del testicolo dall’addome allo scroto, negli anni la posizione eretta e l’accumularsi degli sforzi gravano su questa regione e finiscono per creare una sorta di cedimento, una smagliatura del tessuto muscolare e fasciale dove va a insinuarsi facilmente l’intestino fino a creare l’ernia. Si configura perciò come un rigonfiamento a livello dell’inguine che quando ci si corica può rientrare, ma quando ci si mette in piedi si ripresenta. Può presentare complicanze, la più nota delle quali è lo strozzamento erniario, che avviene quando l’intestino si blocca attraverso questo passaggio, non riesce a rientrare e ne soffre fino al punto da poter creare una lesione di tipo ischemico in grado di portare fino alla perforazione dell’intestino stesso».

La tecnica chirurgica necessaria a rimuovere l’ernia si è tuttavia affinata. In che modo?

«Ieri l’intervento consisteva in un’incisione a livello dell’inguine volto a posizionare una rete di rinforzo in quella zona debole: prima di giungere nell’area di interesse, l’incisione comportava però la sezione di tessuti fasciali e muscolari responsabili del dolore e del ritardo della ripresa. Oggi tutto questo può essere evitato con un intervento mininvasivo laparoscopico che, senza l’incisione dell’inguine, permette di posizionare la rete nello strato più profondo attraverso tre piccoli incisioni a livello dell’ombelico e ai suoi lati. Poiché arrotolata, la rete richiede poco spazio per essere introdotta, dopodiché viene aperta a protezione di tutta l’area».

I vantaggi di questo tipo di intervento quali sono? Come viene eseguito? Risulta doloroso?

«L’intervento consente una ripresa pressoché immediata e non richiede il lungo stop, di circa tre mesi, prima previsto. È perciò molto indicato per lo sportivo, ma non solo: da subito ci si può alzare, camminare, guidare la macchina e si possono anche riprendere l’attività sportiva e lavorativa. L’intervento viene svolto in anestesia generale ed è possibile dimettere il paziente nella stessa giornata. Per tutti questi motivi, la richiesta di questo tipo di intervento sta crescendo tantissimo, in primis per merito del passaparola: l’evidenza maggiore la abbiamo dai pazienti che hanno già avuto una pregressa ernia dall’altro lato con intervento tradizionale. Sono loro a chiederci la tecnica mininvasiva e a dirci poi che non trovano confronto in termini di qualità, benessere, assenza di dolore e ritorno immediato. L’assenza di dolore è un altro dei punti decisivi: incisioni di 5-10 millimetri non costituiscono motivo di dolore importante. Per accelerare la ripresa raccomandiamo sempre l’uso di analgesici e antinfiammatori, ma il più delle volte il paziente ci dice di non averli assunti perché non ne sentiva il bisogno. Ulteriore ragione di soddisfazione è che incisioni così piccole non vanno incontro a rischio di sanguinamenti, ematomi e infezioni di ferite che, purtroppo, in una certa quota riguardano la chirurgia tradizionale».

È un intervento che richiede una lunga curva di apprendimento?

«Come tutti gli interventi chirurgici, anche questo richiede un’esperienza specifica che viene maturata sotto l’attenta guida di chi in questo campo vanta numeri considerevoli. Il chirurgo di grande fama non deve limitarsi ai soli interventi di altissima chirurgia, ma deve fornire la propria esperienza per migliorare lo stato di salute di tante persone: l’intervento mininvasivo laparoscopico obbedisce a questo principio».