Extrasistole, quel tuffo al cuore che va tenuto sotto controllo


«L’extrasistole è una contrazione prematura che va a inserirsi nel normale battito del cuore», spiega il dottor Enrico Caruzzo, responsabile della Cardiologia della Clinica Fornaca. «La maggior parte delle volte è benigna ma può anche essere il sintomo di una patologia grave». Una sensazione di battito mancante o di tuffo al cuore: sono i sintomi […]

«L’extrasistole è una contrazione prematura che va a inserirsi nel normale battito del cuore», spiega il dottor Enrico Caruzzo, responsabile della Cardiologia della Clinica Fornaca. «La maggior parte delle volte è benigna ma può anche essere il sintomo di una patologia grave».

Una sensazione di battito mancante o di tuffo al cuore: sono i sintomi più comuni dell’extrasistole, un fenomeno molto diffuso che va affrontato nel modo più efficace grazie all’aiuto del cardiologo. «Per spiegare cos’è l’extrasistole occorre ricordare che il cuore è un muscolo dotato di un vero e proprio impianto elettrico – precisa il dottor Enrico Caruzzo, responsabile del servizio di Cardiologia della Clinica Fornaca -. L’extrasistole si verifica quando da un gruppo di cellule situate al di fuori di questo impianto elettrico si forma un impulso che crea una contrazione prematura: si inserisce nel normale battito del cuore e può essere avvertita o meno dal paziente». Il significato clinico dell’extrasistole cambia a seconda dello stato del cuore del paziente: «La maggior parte delle volte si verifica in un cuore sano ed è perciò una manifestazione benigna – puntualizza il dottor Caruzzo -. Viceversa, se deriva da un tessuto muscolare cardiaco malato o potenzialmente malato, l’extrasistolia può rappresentare il primo avvertimento di una patologia che può anche rivelarsi grave».

Di fronte a un paziente che mostra sintomi riferibili all’extrasistolia, che cosa deve fare il cardiologo? «Il primo passo è quello di escludere una cardiopatia organica – risponde il dottor Caruzzo -. L’accertamento comincia con un elettrocardiogramma di base e una visita cardiologica che possono essere sufficienti a conclamare la benignità dell’extrasistolia. Nei casi dubbi si ricorre a un passaggio successivo che prevede ecocardiogramma, holter cardiaco e test da sforzo. E, se ancora non basta, si può eseguire la Risonanza magnetica cardiaca. Attraverso questi esami e con la valutazione cardiologica o cardioaritmologica, il paziente può essere classificato e, in alcuni casi, essere trattato farmacologicamente».

Ben sapendo che non tutti i pazienti avvertono lo stesso tipo di sintomo: «Ci sono pazienti che nell’arco delle ventiquattr’ore registrano moltissime extrasistole senza sentirne nessuna, altri ne contano invece pochissime ma le avvertono tutte quante», conferma il dottor Caruzzo. È proprio descrivendo questi sintomi al medico di base che al paziente viene suggerito di rivolgersi a un cardiologo. «Capita anche che l’extrasistolia si evidenzi durante un elettrocardiogramma di routine – aggiunge il dottor Caruzzo -: un ECG pre operatorio, di check up o in ambito della medicina sportiva può trovare il problema e suggerire una valutazione più approfondita, volta ancora una volta a escludere una cardiopatia organica e una pericolosità legata all’extrasistole».

Sempre il cardiologo approfondirà e seguirà in modo adeguato l’eventuale cardiopatia segnalata dall’extrasistolia prescrivendo al paziente anche l’assunzione di farmaci antiaritmici. In caso di benignità, il trattamento avverrà solo di fronte a sintomi invalidanti: «Il tuffo o la capriola al cuore, la sensazione di battito mancante possono essere oggetto di trattamento – prosegue il dottor Caruzzo -, soprattutto quando sono molto frequenti, intensi e accompagnano i momenti più importanti della giornata». I trattamenti saranno adeguati alla benignità e prevederanno l’uso di farmaci fondamentalmente cardioprotettivi.

Ma l’extrasistolia benigna può anche essere priva di sintomi invalidanti e in quel caso può non essere trattata del tutto: «Spesso il paziente può riprendere a svolgere tutte le attività di prima, compresa l’attività agonistica», specifica il dottor Caruzzo. Che conferma come diversi atleti d’élite del presente e del passato abbiano proseguito a fare sport a livello professionistico nonostante l’extrasistole: «È un fenomeno con il quale si può tranquillamente convivere – conclude il responsabile della Cardiologia della Clinica Fornaca -. Uno specifico follow up è previsto per i pazienti che hanno una frequenza di extrasistole molto alta e per tutti quelli che necessitano di un’idoneità agonistica, mentre per tutti gli altri pazienti i controlli e gli esami saranno eseguiti a seconda delle indicazioni del cardiologo».