Fornaca, la chirurgia plastica ricostruttiva nel percorso senologico della Clinica


Afferma la dottoressa Gretha Grilz, chirurgo plastico della Clinica Fornaca: «La chirurgia plastica rientra tra i requisiti fondamentali delle Breast Unit, strutture di Senologia che si occupano di oncologia mammaria. È un percorso lungo e faticoso, ma la malattia può anche diventare qualcosa di prezioso che rende la donna orgogliosa e forte per tutto ciò che ha superato».

Afferma la dottoressa Gretha Grilz, chirurgo plastico della Clinica Fornaca: «La chirurgia plastica rientra tra i requisiti fondamentali delle Breast Unit, strutture di Senologia che si occupano di oncologia mammaria. È un percorso lungo e faticoso, ma la malattia può anche diventare qualcosa di prezioso che rende la donna orgogliosa e forte per tutto ciò che ha superato».

«È opinione piuttosto diffusa che la chirurgia estetica e la chirurgia plastica ricostruttiva siano la stessa cosa, tanto che spesso i due termini vengono usati in modo intercambiabile. In verità, anche se utilizzano di frequente tecniche e materiali comuni, le due specialità hanno obiettivi molto diversi tra loro e operano in contesti differenti». La dottoressa Gretha Grilz, chirurgo plastico della Clinica Fornaca e dell’Ospedale Cottolengo di Torino, introduce con queste parole la sua disciplina di riferimento: «Oggi la chirurgia plastica rientra a tutti gli effetti all’interno delle Breast Unit e ne rappresenta un requisito fondamentale – spiega -. Purtroppo, non sempre chirurgo plastico e chirurgo oncologo sono contemporaneamente presenti su tutti gli interventi, ma alla Fornaca questo è possibile». La futura figura di riferimento sarà quella del chirurgo oncoplastico, uno specialista che impara fin dall’inizio del suo percorso formativo a rimuovere il tumore e a salvaguardare il più possibile l’integrità corporea della paziente utilizzando come mezzo le tecniche di chirurgia plastica: «Chirurghi senologi e plastici imparano le rispettive parti per unire nella stessa persona queste due conoscenze. Avere un background oncologico permette al chirurgo plastico di personalizzare con più facilità il corretto percorso chirurgico ricostruttivo».

Per renderlo sempre più efficace, il percorso senologico di una paziente va affidato a un team multidisciplinare ed è quanto avviene anche alla Fornaca. «La chirurgia della mammella è diventata sempre più di tipo conservativo – prosegue la dottoressa Grilz -. La presenza del chirurgo plastico risulta essere importante anche durante gli interventi conservativi, in cui viene parzialmente conservato il tessuto mammario. In questo tipo di intervento, le tecniche chirurgiche per l’asportazione della malattia vengono quando possibile tratte dalla chirurgia plastica per far sì che le future cicatrici, una volta ripresa la vita normale, consentano alla paziente di essere reinserita senza imbarazzo nel suo contesto sociale e familiare».

«La chirurgia conservativa può avvalersi delle tecniche di oncoplastica di primo e secondo livello, definite in base alla quantità di tessuto che deve essere asportato in rapporto alla tipologia della mammella – aggiunge la dottoressa Grilz -. Le tecniche oncoplastiche sono chirurgicamente più articolate e quelle di secondo livello prevedono sicuramente una conoscenza più approfondita delle nozioni di chirurgia plastica». Da cosa dipende la scelta dell’intervento? «L’intervento viene progettato sulla base del tipo di tumore e delle sue dimensioni, ma è fondamentale considerare il rapporto volumetrico tra l’estensione della lesione e il volume della mammella – risponde la dottoressa Grilz -. Una lesione media di due centimetri correla in modo diverso se un seno è piccolo o grande. Biologia del tumore, dimensioni del tumore, taglia del reggiseno, condizioni pre-esistenti (eventuali cicatrici, terapie pregresse, elevato indice di massa corporea, presenza di diabete e altro) possono condizionare la scelta perché possono aumentare il rischio di complicanze».

«Negli interventi di tipo demolitivo, le tecniche sono decisamente migliorate – osserva la dottoressa Grilz -. Anche nella mastectomia, intervento che prevede l’asportazione di tutta la ghiandola mammaria, si cerca di conservare il più possibile il mantello cutaneo per poterlo poi utilizzare nella ricostruzione. La conservazione della cute ha grande importanza perché rende la mammella molto più naturale: quando è possibile la si pratica anche per il complesso areola/capezzolo». Associato alla mastectomia, oggi alla paziente viene proposto un iter ricostruttivo: «Può prevedere l’utilizzo di materiale eterologo, come espansore o protesi; autologo, con lembi di tessuto prelevati dall’addome o dalla regione dorsale; oppure il lipofilling, che prevede il prelievo di tessuto adiposo tramite tecnica di liposuzione e sua iniezione nell’area da ricostruire o ridefinire nel momento in cui vi siano aree di “minus” da colmare».

La ricostruzione con materiale eterologo può essere fatta in un solo atto o con due distinti interventi chirurgici: «Nel primo caso avviene l’inserimento immediato della protesi durante la mastectomia (possibilità non sempre fattibile poiché dipende dalla conformazione della mammella e dalla vitalità dei tessuti post mastectomia), nel secondo caso si parte con l’inserimento di un espansore durante la mastectomia (si tratta di una protesi sgonfia che viene inserita e portata a riempimento completo in ambulatorio senza alcun dolore) che verrà successivamente sostituito con la protesi definitiva. Il secondo intervento in cui si sostituisce l’espansore con la protesi rappresenta anche l’occasione per la valutazione della mammella controlaterale. La simmetrizzazione della mammella controlaterale può essere effettuata mediante l’inserimento di una protesi controlaterale o con una mastoplastica riduttiva o mediante mastopessi o mastopessi più protesi».

Non bisogna trascurare il fatto che la patologia della mammella non colpisce solo la sede di origine del tumore: «La bellezza e l’aspetto della mammella sono fondamentali per il senso di femminilità di una donna e ne rappresentano diversi aspetti della sua identità: maternità, sessualità e rapporto con il partner costituiscono elementi importanti che hanno a che fare con il modo in cui una donna percepisce se stessa e costruisce le sue relazioni», conferma la dottoressa Grilz. Le implicazioni psicologiche del tumore alla mammella sono molteplici: «La malattia rappresenta spesso un trauma che introduce un elemento di rottura rispetto alla propria vita e che comporta anche un lutto della progettualità sognata e desiderata. Incide profondamente sulle relazioni affettive, lavorative e sociali e compromette la qualità di vita della donna. Tuttavia, la malattia può diventare anche qualcosa di prezioso che rende la donna orgogliosa di portare i segni di ciò che ha superato con fatica».

«Un aspetto bellissimo del nostro lavoro in Breast Unit è vedere come una donna rifiorisca alla fine del suo percorso chirurgico-ricostruttivo – conclude la dottoressa Gretha Grilz -. È fondamentale trattare questa patologia all’interno delle Breast Unit perché ciascuno specialista, con i propri occhi e prospettiva, riesce a dare il proprio contributo per proporre la soluzione migliore a lungo termine. Il primo impatto per la paziente è scioccante, ma durante il percorso si rende conto che la Breast Unit rappresenta un luogo sicuro e protetto che le permetterà di affrontare con maggiore serenità la malattia».