Il percorso senologico della Clinica Fornaca affidato a un team multidisciplinare


È fondamentale la pianificazione iniziale per raggiungere un dato condivisibile da tutti gli specialisti che partecipano alla diagnosi e alla decisione terapeutica: «Non è più il chirurgo che decide da solo, ma un team con oncologo medico, radiologo, anatomo-patologo e personale infermieristico», spiegano il dottor Carlo Alberto Raucci e il dottor Riccardo Bussone.
Spazio anche alla prevenzione attraverso lo screening che prevede mammografia ed ecografia.

È fondamentale la pianificazione iniziale per raggiungere un dato condivisibile da tutti gli specialisti che partecipano alla diagnosi e alla decisione terapeutica: «Non è più il chirurgo che decide da solo, ma un team con oncologo medico, radiologo, anatomo-patologo e personale infermieristico», spiegano il dottor Carlo Alberto Raucci e il dottor Riccardo Bussone.
Spazio anche alla prevenzione attraverso lo screening che prevede mammografia ed ecografia.

Anche nel 2020 il tumore della mammella è stato il più diagnosticato in assoluto: i dati diffusi lo scorso ottobre dall’Istituto Superiore di Sanità hanno riferito di 54.976 casi, pari al 14,6 per cento di tutte le diagnosi. «Si tratta di una patologia in incremento negli ultimi anni. Ciò che conforta è la riduzione della mortalità, favorita dai programmi di screening e dalle terapie integrate», afferma il dottor Carlo Alberto Raucci, oncologo della Clinica Fornaca e Direttore dell’Oncologia dell’Ospedale Cottolengo. «Ogni anno in Piemonte si registrano 4.000/4.500 nuovi casi – prosegue -: significa che una donna su otto può incorrere in un tumore della mammella, tuttavia a questo dato fa da contraltare quello dell’altissima percentuale di guarigione, quantificabile fino al 90 per cento del totale». I programmi di screening danno una grossa mano: «Permettono di intercettare i casi che potrebbero evolvere in qualcosa di più negativo – conferma il dottor Riccardo Bussone, chirurgo senologico della Clinica Fornaca e responsabile della Chirurgia senologica dell’Ospedale Cottolengo -, ma eseguire una volta l’anno mammografia ed ecografia può essere molto importante per le donne che hanno superato il 40esimo anno di età».

Il percorso di cura che la Clinica Fornaca dedica alle donne colpite da tumore alla mammella punta moltissimo sulla prevenzione: «L’obiettivo della prevenzione secondaria è la diagnosi precoce – osserva la dottoressa Giovanna Mariscotti, specialista del Servizio di Radiologia senologica della Clinica Fornaca –. Per arrivarci, abbiamo a disposizione strumenti di primo livello come mammografia digitale ed ecografia e di secondo livello come agobiopsia o Risonanza magnetica». Lo screening di prevenzione per la diagnostica clinica senologica è la mammografia: «La sua accuratezza diagnostica può essere migliorata ma non sostituita dall’ecografia – precisa -. La tomosintesi aiuta l’esplorazione della mammella densa e a scoprire piccole lesioni in mammelle a struttura fibroadiposa, mentre solo di fronte a precise indicazioni a completare il percorso diagnostico può servire la Risonanza magnetica mammaria».

Le parole dei tre specialisti richiamano l’importanza e la necessità di un team multidisciplinare che prenda totalmente in carico la donna con un tumore al seno. «L’approccio multidisciplinare che utilizziamo anche alla Fornaca fornisce un importante beneficio in termini di prognosi – ribadisce il dottor Raucci -. Discutendo i casi e condividendoli si riescono a ottenere terapie personalizzate che permettono di contestualizzare le linee guida e diventano un trattamento strettamente legato alla biologia della malattia e alle condizioni del paziente. Tutto ciò ci permette di fornire un ritorno ottimale in termini di qualità della prestazione sanitaria e di tranquillizzare i pazienti: sapere che c’è un dialogo molto stretto tra gli specialisti dona ulteriore valore al percorso di cura. La donna si sente presa in carico da una squadra e non da un singolo specialista». È fondamentale la pianificazione iniziale per raggiungere un dato condivisibile da tutti gli specialisti che partecipano alla diagnosi e alla decisione terapeutica: «Non è più il chirurgo che decide da solo, ma è un team con oncologo medico, radiologo, anatomo-patologo e personale infermieristico dedicato», aggiunge il dottor Raucci.

«La chirurgia rappresenta spesso l’approdo terapeutico del paziente con patologia mammaria – continua il dottor Bussone -. Nella maggior parte dei casi, i pazienti arrivano dal chirurgo dopo una valutazione del radiologo e dell’anatomo-patologo. L’eventuale indicazione chirurgica viene valutata e discussa collegialmente per capire se può essere preceduta da una terapia medica». In Fornaca entrambi i percorsi (chirurgico e medico) sono garantiti e coinvolgono anche il Laboratorio analisi della Clinica e il dottor Bruno Torchio, anatomo patologo dalla lunga e consolidata esperienza.

«La tipologia degli interventi chirurgici è determinata dalle caratteristiche del prelievo eseguito dal radiologo e definito dall’anatomo-patologo – precisa il dottor Bussone -. L’intervento chirurgico può essere conservativo, demolitivo e ricostruttivo. Gli interventi conservativi portano via solo una parte della mammella e permettono un rimodellamento spesso rivolto a ristabilire l’aspetto pre intervento chirurgico». Motivi biologici, di malattia o di caratteristica della mammella in relazione alle dimensioni del tumore possono invece rendere necessario l’intervento demolitivo: «Comporta lo svuotamento di tutta la ghiandola mammaria – specifica il dottor Bussone -. È la cosiddetta mastectomia, che rappresenta ancora il 20-25 per cento del totale. Rispetto a un recente passato, anche in caso di intervento demolitivo oggi si può ricostruire creando una neo mammella con tecniche di tipo plastico-ricostruttivo. Persino in caso di asportazione del complesso areola/capezzolo è possibile una ricostruzione con tessuto autologo. La radicalità oncologica e l’aspetto estetico sono i due aspetti che occorre bilanciare con cura». Un aspetto molto importante che, all’interno del percorso di cura della Clinica Fornaca, è affidato alla competenza della dottoressa Gretha Grilz. In ambito chirurgico, la tendenza è peraltro quella di cercare per quanto possibile di rendere le cicatrici meno evidenti: «Quando viene fatta una diagnosi di tipo oncologico, la donna è disposta a qualsiasi sacrificio pur di ottenere il miglior risultato in termini di vita – considera il dottor Bussone -. Dopo la guarigione, l’aspetto estetico prende giustamente il sopravvento».

«Il percorso conservativo riguarda anche l’ascella – aggiunge ancora il dottor Bussone -. Fino a vent’anni fa si toglievano tutti i linfonodi dell’ascella, un intervento inutile in due terzi dei casi. Oggi si utilizza la tecnica del linfonodo sentinella: se ne asporta solo uno, il primo. È quello che drena tutto ciò che c’è nell’ascella, siano cellule tumorali o infiammatorie. SI toglie quel linfonodo e, se non interessato da cellule di tipo tumorale, è possibile non procedere oltre nell’intervento, riducendo gli effetti collaterali. In ogni caso, quando si esegue un intervento conservativo, una funzione importante è garantita dalla Radioterapia, che riduce in modo significativo il rischio di recidiva locale».

Il dottor Raucci si sofferma ancora sulle terapie neoadiuvanti: «C’è la possibilità di identificare una serie di patologie localmente avanzate che sono molto sensibili alle terapie mediche prima dell’intervento chirurgico – spiega -. Oggi possiamo identificare i tumori biologicamente più aggressivi e sottoporli a terapie mediche prima dell’intervento chirurgico. Un esempio? Dopo la chemioterapia, il tumore può essere ridotto da 4 a un centimetro e l’intervento chirurgico può essere perciò modificato in corsa e da demolitivo diventare conservativo. Vale per la mammella così come per l’ascella». Importanti sono anche le terapie post intervento chirurgico: «Sappiamo che questo tipo di patologia può dare, anche nelle sue forme iniziali, una disseminazione cellulare nell’organismo – conclude il dottor Raucci -: il tumore della mammella deve essere considerato una malattia sistemica. È perciò importante pianificare le terapie post operatorie in maniera da ottenere la migliore probabilità di guarigione definitiva. Il tumore della mammella può essere classificato in relazione all’espressione dei recettori ormonali e di HER: dopo l’intervento chirurgico, proponiamo il trattamento medico più indicato (terapia ormonale, chemioterapia o terapia biologica) a seconda della biologia e dell’estensione della malattia, delle comorbilità e dell’età della donna; e coinvolgiamo i Radioterapisti».