Linfomi, come si manifestano e come sono curati dai nuovi farmaci


«Si tratta di tumori del tessuto linfatico che interessano il sistema immunitario: in genere hanno origine nei linfonodi per poi diffondersi a midollo osseo, milza e fegato o altri organi», spiega il professor Umberto Vitolo, ematologo della Clinica Fornaca. «Di fronte a un linfonodo che si ingrossa in modo anomalo è sempre bene rivolgersi a […]

«Si tratta di tumori del tessuto linfatico che interessano il sistema immunitario: in genere hanno origine nei linfonodi per poi diffondersi a midollo osseo, milza e fegato o altri organi», spiega il professor Umberto Vitolo, ematologo della Clinica Fornaca. «Di fronte a un linfonodo che si ingrossa in modo anomalo è sempre bene rivolgersi a un medico».

 

«L’ingrossamento delle ghiandole linfatiche, la cosiddetta linfoadenopatia, può avvenire in maniera del tutto casuale e senza un motivo preciso», afferma il professor Umberto Vitolo, ematologo della Clinica Fornaca, direttore di Ematologia della Città della salute e della scienza di Torino, fondatore e past president della Fondazione italiana linfomi. «Il paziente può accorgersi di un linfonodo che spunta all’improvviso o cresce lentamente a livello del collo, dell’ascella o dell’inguine e può essere del tutto asintomatico. In altre situazioni la linfoadenopatia può invece associarsi a sintomi come febbriciattola o debolezza – aggiunge il professor Vitolo -. In entrambi i casi è bene rivolgersi al medico di famiglia: anche perché nella maggior parte delle volte si tratta di situazioni di tipo benigno e di tipo infiammatorio, come nel caso del linfonodo del collo che si ingrossa in reazione all’infezione presente in gola».

Ma la linfoadenopatia può anche essere indice di infezioni specifiche del sistema linfatico come toxoplasmosi o mononucleosi o, in alcuni casi, l’ingrossamento dei linfonodi può segnalare un tumore del tessuto linfatico o una leucemia: «Occorre prestare particolare attenzione agli ingrossamenti asimmetrici, a quelli che compaiono in zone atipiche e, infine, a quelli di una dimensione che supera i due centimetri di diametro», precisa il professor Vitolo.

I linfomi, in particolare, sono tumori del tessuto linfatico che interessano il sistema immunitario di chi ne è colpito. In genere hanno origine nei linfonodi per poi diffondersi a midollo osseo, milza e fegato. Figurano oggi al quinto posto nella graduatoria dei tumori più frequenti, preceduti da quelli di polmone, mammella, colon retto e prostata: «Negli ultimi 10-15 anni se n’è registrato un notevole incremento che può essere attribuito a varie cause – prosegue il professor Vitolo -, da ricercare anche in agenti e sostanze capaci di stimolare il sistema immunitario e, nei soggetti predisposti, di alterarlo fino a produrre il tumore». Molti linfomi riconoscono un’eziologia virale, tanto che in diversi casi all’interno della cellula tumorale del linfoma si trovano integrate tracce del DNA del genoma del virus. «I sintomi possono essere chiari: febbre continua, sudorazione notturna abbondante, dimagrimento e ingrossamento delle ghiandole linfatiche suggeriscono di rivolgersi a un medico – continua il professor Vitolo -. Ma anche chi registra il semplice ingrossamento di una ghiandola linfatica a fronte di uno stato generale di benessere farà bene a rivolgersi al medico curante che, nel caso, lo indirizzerà da un ematologo».

Esistono diversi tipi di linfoma. Messi insieme la loro incidenza è di circa 20/25 casi ogni 100mila abitanti: i più frequenti sono il linfoma diffuso a grandi cellule che insorge attorno ai 6o anni di età, il linfoma Follicolare e il linfoma di Hodgkin che riguarda spesso il giovane adulto di età compresa tra i 20 e i 30 anni. «Per curare il linfoma non siamo ancora in grado di poter fare a meno della chemioterapia ma in alcuni casi possiamo farlo attraverso la sola associazione di anticorpi monoclonali e farmaci biologici, in quanto la loro azione congiunta può riuscire a bloccare la crescita della cellula linfomatosa». Negli ultimi anni, a integrare i tradizionali chemioterapici hanno provveduto nuovi farmaci: «Sono quelli capaci di agire esclusivamente su un preciso bersaglio che contiene la cellula tumorale – conclude il professor Umberto Vitolo -. La loro diffusione ha portato alla nascita di centinaia di nuove terapie oncologiche: oggi l’ultima frontiera della ricerca dice di anticorpi che bloccano gli inibitori tumorali e risvegliano l’attività del sistema immunitario contro il tumore. Sono i cosiddetti checkpoint inhibitors, particolarmente attivi proprio contro i linfomi di Hodgkin e i melanomi. Ancora più recente è l’introduzione della terapia CART i, cui si prelevano dal paziente i propri linfociti T, si manipolano in vitro per insegnare loro a reagire contro le cellule del linfoma e si rinfondono al paziente per reagire contro il linfoma stesso. È una terapia d’avanguardia e complessa, destinata a pazienti che hanno fallito altre terapie, attualmente eseguibile in pochi Centri italiani specializzati ma altamente promettente».