Mal di schiena nell’età adulta, diagnosi e trattamenti


«È un sintomo che, almeno una volta nella vita, riguarda l’80 per cento della popolazione adulta», afferma il dottor Marco Muratore, chirurgo vertebrale della Clinica Fornaca. Nella maggior parte dei casi si risolve con un trattamento conservativo, nei casi più complessi si ricorre all’operazione: «Ancor più della tecnica e del chirurgo, è importante la corretta […]

«È un sintomo che, almeno una volta nella vita, riguarda l’80 per cento della popolazione adulta», afferma il dottor Marco Muratore, chirurgo vertebrale della Clinica Fornaca. Nella maggior parte dei casi si risolve con un trattamento conservativo, nei casi più complessi si ricorre all’operazione: «Ancor più della tecnica e del chirurgo, è importante la corretta indicazione all’intervento».

«Il mal di schiena è un sintomo che, almeno una volta nella vita, riguarda l’80 per cento della popolazione adulta. Nella maggior parte dei casi non richiede un intervento chirurgico, ma può essere risolto con trattamenti conservativi come le manipolazioni spinali (osteopatia, chiropratica) o la ginnastica posturale. Per curarlo è inoltre fondamentale la cura del proprio corpo: perdere peso, sospendere il fumo di sigaretta, favorire l’attività fisica quotidiana sono tre azioni che di sicuro aiutano a curare il mal di schiena». Il dottor Marco Muratore, chirurgo vertebrale della Clinica Fornaca e della Città della Salute e della Scienza di Torino, inquadra così un problema assai diffuso e in molte situazioni difficile da gestire.

«Nel 10-15 per cento dei casi – prosegue il dottor Muratore – il mal di schiena può essere collegato a cause organiche come discopatie, ernie discali, canale stretto, deformità monosegmentarie come la spondilolistesi o plurisegmentarie come la cifo-scoliosi. In questi casi, dopo un congruo periodo di trattamento conservativo, può essere indicato un intervento chirurgico». Un corretto inquadramento diagnostico risulta fondamentale per porre l’indicazione chirurgica: «In tal senso – conferma il dottor Muratore -, gli esami utili includono una radiografia della colonna in ortostatismo che consente la valutazione della deformità e dei parametri spino-pelvici del paziente, TC e Risonanza magnetica che permettono di visualizzare le strutture nervose e disco-legamentose e di escludere la presenza di infezioni e tumori».

«Una corretta indicazione all’intervento è fondamentale per la buona riuscita dello stesso, ancora di più della tecnica chirurgica utilizzata e del chirurgo che la pratica – specifica il dottor Muratore -. Soprattutto nel caso via sia l’indicazione di stabilizzare la colonna, bisogna che si rispettino i parametri pelvici del paziente, così da bilanciare la colonna e bloccare il tratto interessato nel modo più fisiologico possibile». Gli approcci chirurgici sono perlopiù posteriori, ma sempre più di frequente si utilizzano approcci mininvasivi anteriori e laterali che consentono tassi più alti di fusione e miglior bilanciamento sagittale e coronale della colonna. «Qualunque approccio si utilizzi, anche quelli delle più moderne tecniche mininvasive, occorre sempre consentire il raggiungimento degli obiettivi prefissati: decompressione delle strutture nervose, fusione vertebrale e bilanciamento della colonna con correzione della deformità», rimarca il dottor Muratore.

Tra le metodiche più moderne si segnalano quelle che prevedono l’aiuto del computer o l’intervento del robot: «L’utilizzo del navigatore o del robot possono aumentare la precisione dell’inserimento delle viti peduncolari e, in mani esperte, risultano utili per affrontare soprattutto casi complessi di deformità della colonna – specifica il dottor Muratore -. Non dimentichiamo che la chirurgia vertebrale non è immune da complicanze e da fallimenti ed è quindi fondamentale che venga praticata sempre da chirurghi esperti».

Il mal di schiena può apparire una cosa banale perché riguarda più o meno tutti, ma la sua diagnosi e cura sono tutt’altro che scontate: «La visita è fondamentale – conclude il dottor Marco Muratore -. Capire cosa fare è l’aspetto più difficile, ancor più dell’intervento. Mi occupo di chirurgia vertebrale da circa vent’anni e posso affermare che, con le giuste indicazioni e un buon dialogo con il paziente reso consapevole degli obiettivi della chirurgia e dei suoi possibili rischi, si possono ottenere ottimi risultati».