Il cuore del bambino va sempre affidato a mani esperte


«Le cardiopatie sono le malformazioni congenite più comuni e spesso le più gravi», rivela il professor Enrico Chiappa, specialista della Clinica Fornaca ed esperto del cuore del bambino, del feto e della mamma. «Per quanto rare, le cardiopatie sono le malformazioni congenite più comuni e, spesso, anche le più gravi. Colpiscono circa 8-10 neonati su […]

«Le cardiopatie sono le malformazioni congenite più comuni e spesso le più gravi», rivela il professor Enrico Chiappa, specialista della Clinica Fornaca ed esperto del cuore del bambino, del feto e della mamma.

«Per quanto rare, le cardiopatie sono le malformazioni congenite più comuni e, spesso, anche le più gravi. Colpiscono circa 8-10 neonati su 1000: nella metà dei casi la cardiopatia richiederà uno o più interventi chirurgici o tecniche interventistiche transcatetere. Oggi le cardiopatie gravi vengono frequentemente trattate sotto l’anno di vita, prima che possano manifestarsi alterazioni compensatorie in grado di generare altri problemi, ma per il cuore del bambino è bene affidarsi sempre a mani esperte». Parola del professor Enrico Chiappa, cardiologo della Clinica Fornaca dalla lunga esperienza di Cardiologia pediatrica, fetale e materna maturata in due tra i principali ospedali pediatrici d’Italia, il Regina Margherita – Sant’Anna di Torino e il Meyer di Firenze. Oggi il suo impegno si divide ancora tra Torino e la Toscana, dove è anche coordinatore dalla Rete regionale della diagnosi prenatale delle cardiopatie congenite.

«La definizione di cardiologia pediatrica sta quasi uscendo dai libri di testo e dalle denominazioni ufficiali – precisa il professor Chiappa -. Molti istituti l’hanno trasformata in Cardiologia delle cardiopatie congenite, definizione che meglio si applica anche al feto e all’adulto con cardiopatia congenita. Non tratta solo il cuore del bambino ma è una denominazione onnicomprensiva che identifica alcuni specialisti, capaci grazie a un lungo e complesso iter formativo di muoversi su tutti e tre gli scenari: fetale, pediatrico e adulto». Perché in virtù degli straordinari progressi degli ultimi 30-40 anni, oggi molti bambini cardiopatici diventano adulti: «Per il cardiologo è una grande risorsa potersi cimentare tanto con il feto quanto con l’adulto con cardiopatia congenita. Quest’ultimo è spesso un paziente estremamente complesso, magari oltre i 50-60 anni di età e con esiti di una tipologia di intervento cardiochirurgico desueta e perciò del tutto sconosciuta agli specialisti di più recente formazione». E’ allora facile immaginare un domani con Centri dedicati al cardiopatico congenito adulto dove lavoreranno cardiologi di diversa estrazione, chiamati a condividere le rispettive competenze: «E’ ancora una tipologia rara di paziente – conferma il professor Chiappa -. Ma è in costante aumento e per seguirla in modo adeguato non sarà sufficiente il solo cardiologo dell’adulto ma servirà anche un cardiologo con competenza nelle cardiopatie congenite, le quali presentano una tipologia molto più variegata di quelle acquisite nell’età adulta».

Nella sua attività a contatto con il cuore del bambino, il professor Chiappa ha lavorato per anni a stretto contatto con cardiochirurghi pediatri e collaborato con ostetrici dedicati alla diagnosi prenatale delle cardiopatie. Ma s’è anche preso cura delle cardiopatie materne: «Accade quando la mamma in gravidanza è portatrice di una cardiopatia, in particolare congenita – precisa -. Sempre più di frequente ex bambine cardiopatiche raggiungono l’età adulta e affrontano una gravidanza con rischi più o meno gravi per se stesse o per il loro futuro bambino».

Pensando al cuore del bambino, quando è opportuno sottoporsi a ecocardiografia per scoprire eventuali cardiopatie nel feto?

«Una diagnosi precisa e precoce viene in genere formulata entro le 20-22 settimane di gestazione – risponde il professor Chiappa -. In casi selezionati è possibile eseguirla anche prima, attorno alle 14-15 settimane. Se la gravidanza prosegue, la diagnosi prenatale permette di allestire al meglio l’assistenza perinatale, stabilendo con precisione i tempi, la sede e le modalità del parto in modo da garantire la migliore assistenza al nascituro». Ma prendendosi anche cura di mamma e papà: «La coppia va assistita dal punto di vista psicologico e preparata a ciò che l’attende. Essere genitori consapevoli di proseguire la gravidanza ed essere pronti ad affrontare i disagi di degenze prolungate è molto diverso che trovarsi all’improvviso di fronte al dramma di un bambino, immaginato sano, che dovrà invece subire uno o più interventi cardiochirurgici», aggiunge.

Alla Clinica Fornaca il professor Enrico Chiappa mette perciò tutte queste competenze a disposizione delle coppie che abbiano un sospetto o una diagnosi accertata di cardiopatia nel feto, dei bambini con diagnosi di cardiopatia o con un sintomo sospetto rilevato dal pediatra o dal medico sportivo, di adulti con cardiopatia congenita che abbiano bisogno di un cardiologo di riferimento. «Lavorare con i bambini è impegnativo soprattutto nella parte di relazione con i genitori, che spesso vivono in maniera molto emotiva la malattia del proprio figlio – prosegue il professor Chiappa -. Tuttavia, il recupero di un bambino che deve affrontare un intervento al cuore avviene in tempi più rapidi rispetto a quelli di un adulto. E, quando l’esito è favorevole, in pochi anni il bambino diventa un adolescente e un giovane adulto in grado di affrontare una vita autonoma con la sua storia positiva. Per me è molto gratificante vedere ex neonati cardiopatici diventare a loro volta genitori: è un’esperienza commovente».

Gli ultimi decenni hanno registrato un’autentica rivoluzione nella diagnosi e nel trattamento delle cardiopatie congenite, ma cosa aspetta il cuore del bambino nel prossimo futuro? «La tecnologia sta anticipando sempre di più lo scenario della diagnosi e del trattamento delle cardiopatie congenite – conclude il professor Chiappa -. Alcuni Centri nel mondo stanno elaborando tecniche fetali in avanzata fase sperimentale: casi strettamente selezionati per patologia valvolare, la stenosi aortica in particolare, possono essere trattati con valvuloplastica con catetere a palloncino attraverso una puntura eco-guidata dell’utero materno, del torace e del cuore fetale. L’esperienza è ancora limitata e comporta rischi non trascurabili per la madre e il feto, tuttavia i risultati sono incoraggianti e questa sarà certamente la sfida del prossimo futuro».