Osteoporosi: qual è l’approccio clinico appropriato per il paziente?


Di osteoporosi hanno parlato il professor Giancarlo Isaia e il dottor Stefano Aleotti nell’incontro promosso dal Comitato scientifico della Clinica Fornaca: «Seguire le linee guida moderne è la risposta più adeguata al rischio di nuove fratture». Di osteoporosi e del suo approccio clinico appropriato s’è parlato mercoledì 20 settembre nel corso dell’incontro promosso dal Comitato scientifico […]

Di osteoporosi hanno parlato il professor Giancarlo Isaia e il dottor Stefano Aleotti nell’incontro promosso dal Comitato scientifico della Clinica Fornaca: «Seguire le linee guida moderne è la risposta più adeguata al rischio di nuove fratture».

Di osteoporosi e del suo approccio clinico appropriato s’è parlato mercoledì 20 settembre nel corso dell’incontro promosso dal Comitato scientifico della Clinica Fornaca che, all’interno della Sala Torino del Centro congressi dell’Unione industriale, ha visto intervenire il professor Giancarlo Isaia, ordinario di Medicina interna e responsabile di Geriatria e Malattie metaboliche dell’osso della Città della Salute e della Scienza di Torino e il dottor Stefano Aleotti, responsabile di Ortopedia e Traumatologia a indirizzo Chirurgia vertebrale della Città della Salute e della Scienza di Torino presso l’ospedale CTO.

«Oggi l’osteoporosi non è curata in modo adeguato – ha premesso il professor Isaia -. Tutti i medici dovrebbero seguire le appropriate linee guida che indicano la corretta gestione del paziente, invece assistiamo con frequenza a comportamenti e terapie fortemente inadeguate che generano conseguenze anche gravi». L’osteoporosi è in prevalenza appannaggio della popolazione anziana: le donne ultra 80enni rappresentano l’8 per cento della popolazione ma contribuiscono per oltre il 30 per cento al totale delle fratture osteoporotiche e per oltre il 60 per cento al totale di quelle di femore: «In Italia – ha fornito altri dati il professor Isaia – ci sono almeno 500mila persone che hanno avuto una frattura di femore e altrettante che hanno riportato una frattura vertebrale. Il costo di questo milione di persone fratturato ammonta a circa sette miliardi di euro, un vero problema epidemiologico dalle conseguenze facilmente intuibili». Soprattutto perché: «Dopo una frattura di femore, il paziente si inserisce nel ciclo della fragilità che lo può portare ad avere un’altra frattura, rendersi inabile e morire prima se non viene curato in modo adeguato».

Il professor Isaia ha per questa ragione favorito la nascita della Commissione intersocietaria per l’osteoporosi che riunisce specialisti di geriatria, medicina interna, ortopedia, fisiatria, reumatologia, endocrinologia, medici di base e la Siomms (Società italiana dell’osteoporosi, del metabolismo minerale e delle malattie dello scheletro). Come comportarsi con il paziente con osteoporosi? «Prima di tutto escludere una forma secondaria della patologia, favorita cioè da altre malattie», è la risposta. Dopodiché occorre essere consapevoli che il paziente già fratturato è a elevato rischio di un’altra frattura e bisogna definire il profilo di rischio di chi invece non ha ancora avuto nessuna frattura: «Per la valutazione non basta la sola densitometria – puntualizza il professor Isaia -, occorre ricorrere a un algoritmo che combinando i dati relativi a età, altezza, peso, fumo, cortisone e storia familiare definirà il valore in grado di suggerire il tipo di terapia». Che ricorrerà a farmaci capaci di ridurre dal 30 al 65 per cento la possibilità di nuove fratture: «Si tratta di terapie destinate a chi ha già avuto una frattura o a chi si trova fortemente a rischio secondo i parametri indicati dall’algoritmo» precisa. Il farmaco giusto è quello che si basa su fondate evidenze scientifiche e che si dimostra in grado di correggere il difetto fisiopatologico: «E’ più comune che a un paziente anziano venga somministrato un farmaco metabolico e a un paziente più giovane un farmaco antiriassorbitivo», ha concluso a mo’ di esempio il professor Isaia.

Il dottor Aleotti ha esordito parlando dell’appropriatezza clinica legata alla conseguenza più frequente e pericolosa dell’osteoporosi: la frattura del collo del femore o la frattura vertebrale. «L’osteoporosi ne è il responsabile silenzioso – ha affermato -: il passaggio da osso normale a osso osteoporotico avviene senza alcun sintomo. Si passa dalla riduzione della massa all’alterazione della qualità dell’osso fino alla fragilità che porta alla frattura, tutto in assoluto silenzio». Un terzo delle fratture vertebrali da fragilità sono del tutto asintomatiche: oggi il 15 per cento delle donne rischia una frattura legata all’osteoporosi, percentuale che invece scende tra il 5 e il 9 per cento tra gli uomini. «I numeri sono molto preoccupanti quando si parla di frattura del femore – ha aggiunto il dottor Aleotti -: oggi in Europa ci sono 500mila casi l’anno che nel 2050 saliranno a un milione. Più che mai importante è l’intervento precoce che in Piemonte ci spinge a operare la frattura entro le prime 48 ore».

Anche la frattura vertebrale può spesso risultare asintomatica: «Un terzo dei pazienti non sa neanche di averla avuta», ha confermato il dottor Aleotti. Che ha specificato come quelle più frequenti si registrino nel tratto medio toracico e nel passaggio toraco-lombare. Per poi mettere in guardia su un rischio: «Ciò che va evitato dopo la frattura è l’aumento della cifosi, vera causa del dolore cronico persistente della colonna e molto spesso causa di ulteriori fratture». Una cifosi superiore ai 20 gradi è da definire patologica: «Una valutazione prognostica sulla progressione della cifosi può esserci di grande aiuto per allontanare altre situazioni di pericolo». Come trattare le fratture vertebrali? Nella maggior parte dei casi si utilizza una terapia conservativa: riposo, corsetto, farmaci. In altre situazioni si ricorre alle tecniche mininvasive (la vertebroplastica o la cifoplastica con stent ne sono due esempi efficaci) o al più classico intervento chirurgico.

«Ciò che risulta fondamentale – hanno concluso il professor Giancarlo Isaia e il dottor Stefano Aleotti – è l’alleanza culturale tra i vari medici che si occupano del problema. Il paziente con osteoporosi deve essere sempre inviato da chi è in grado di gestire in modo adeguato la sua patologia applicando le moderne linee guida ed evitando di incorrere in modalità di cura superate o imprecise».