Come rimuovere i polipi del colon?


Il dottor Gianfranco Tappero, gastroenterologo endoscopista della Clinica Fornaca, è l’ideatore della tecnica di rimozione a freddo dei piccoli polipi che risulta a tutt’oggi tra le più efficaci e utilizzate: «Risulta fondamentale per definire correttamente la natura del polipo e per impostare un corretto follow up al fine di proteggere il paziente dal rischio di […]

Il dottor Gianfranco Tappero, gastroenterologo endoscopista della Clinica Fornaca, è l’ideatore della tecnica di rimozione a freddo dei piccoli polipi che risulta a tutt’oggi tra le più efficaci e utilizzate: «Risulta fondamentale per definire correttamente la natura del polipo e per impostare un corretto follow up al fine di proteggere il paziente dal rischio di altri polipi».

La tecnica di rimozione a freddo dei piccoli polipi: è quella messa a punto dal dottor Gianfranco Tappero, gastroenterologo endoscopista della Clinica Fornaca e dell’Ospedale Humanitas Gradenigo, pubblicata nel 1992 sulla prestigiosa rivista americana “Gastroinestinal Endoscopy” e ancora oggi considerata lo standard per il trattamento e la diagnosi istologica di questo tipo di lesioni.

«Questa tecnica è considerata a tutt’oggi la più efficace per la rimozione e l’analisi istologica dei piccoli polipi del colon, di sempre più frequente osservazione durante l’esecuzione della colonscopia totale – spiega il dottor Tappero -. Adottata in tutto il mondo e citata con frequenza dalle maggiori pubblicazioni di settore, la rimozione a freddo mi ha permesso di raccogliere una considerevole casistica di pazienti sottoposti a polipectomie di vario genere e di avviarli a regolari controlli colonscopici». Il controllo costante degli esami istologici permette al dottor Tappero di verificare la natura dei polipi nonché la radicalità della polipectomia: «Ma anche – aggiunge – di ottimizzare i tempi del successivo controllo endoscopico, di decidere se e quando inviare il paziente dal chirurgo e, infine, di coinvolgere o meno i suoi familiari in programmi di screening».

I polipi sporadici del colon rappresentano il riscontro più frequente (25-35 per cento) nei pazienti adulti che si sottopongono a una prima pancolonscopia. «La maggior parte dei polipi di primo riscontro sono piccoli o comunque inferiori a due centimetri, ragion per cui si asportano nel corso dello stesso esame endoscopico e vengono definiti endoscopicamente», precisa il dottor Tappero. L’esame istologico stabilisce la natura del polipo e risulta cruciale per l’impostazione del follow up endoscopico del paziente: «Purtroppo – considera il dottor Tappero -, oggi il follow up dei pazienti polipectomizzati rappresenta la principale causa di inappropriatezza della colonscopia, pari al 40 per cento del totale e si manifesta sia in eccesso (over control) sia in difetto (under control)».

Nella stragrande maggioranza dei casi, i polipi del colon sono lesioni benigne e, in ogni caso, si dividono principalmente in due categorie: i polipi non evolutivi o iperplastici, i polipi evolutivi o adenomi e/o polipi serrati. «I polipi iperplastici sono per definizione non evolutivi e, in genere, più piccoli di un centimetro – aggiunge il dottor Tappero -, non rappresentano una vera precancerosi ma vengono rimossi per sicurezza. Gli adenomi rappresentano invece la vera precancerosi, possono essere di tutte le dimensioni e vedono aumentare il rischio displastico quando superano il centimetro».

La rimozione completa dei polipi è a tutt’oggi la migliore profilassi secondaria del cancro del colon, in quanto interrompe la potenziale sequenza evolutiva da polipo a cancro. «L’evoluzione del polipo a cancro è peraltro un processo lungo anni e non sempre ineluttabile, anche per gli adenomi», specifica il dottor Tappero. Il controllo endoscopico dei pazienti polipectomizzati si rende perciò necessario solo per chi ha un certo numero di polipi evolutivi di determinate forme e/o dimensioni: «La verifica endoscopica non si fa tanto per il rischio di recidiva nella sede della polipectomia, virtualmente pari a zero per polipi inferiori ai due centimetri e correttamente asportati – aggiunge -, quanto per il rischio di ricorrenza di polipi in altri punti del colon». Un paziente con uno o più polipi adenomatosi esprime un rischio di ricorrenza di altri polipi in età adulta molto superiore a quello della popolazione generale. «Dipende da più fattori – sottolinea il dottor Tappero -: forma, dimensione e numero dei polipi rimossi, età del paziente, familiarità, comorbidità, qualità della prima colonscopia eseguita».

«Solo la piena considerazione di tutti questi fattori, unita all’istologia, permette di impostare un corretto ritmo di follow up endoscopico – puntualizza il dottor Tappero -. Se la prima rimozione è stata ben eseguita e con un’adeguata evidenza iconografica, si ricorrerà a un solo controllo a distanza, da tre a cinque fino addirittura a dieci anni». La mancanza di adeguata documentazione iconografica dell’esame e altre imprecisioni possono invece condurre il paziente o il suo medico di famiglia a “sbagliare” i tempi del follow up: «Accade ad esempio che vengano accorciati i tempi tra il primo e il secondo esame e che invece, in presenza di uno o due esami precoci negativi, si ometta l’esecuzione dell’esame più importante a distanza», cita ad esempio il dottor Tappero.

Il percorso virtuoso individuato dal dottor Tappero si articola in quattro tappe:

  1. Valutare tutti i pazienti sottoposti a polipectomia del colon al momento del ritiro dell’esame istologico stratificandoli per fattori di rischio e comorbidità;
  2. Stabilire i tempi adeguati del successivo controllo verificando la corretta valutazione del colon;
  3. Riprogrammare in tempi brevi l’intervento per le polipectomie incomplete o per i casi di mancato “clean colon” (corretta valutazione del colon);
  4. Sensibilizzare i familiari sul problema proponendo lo screening dei consanguinei a rischio.

«In questo modo – conclude il dottor Gianfranco Tappero – potremo ridurre il numero di colonscopie per eccesso o per difetto e abbattere il numero dei cancri intervallari del colon nei pazienti polipectomizzati».