Polisonnografia, un esame per indagare tutte le patologie del sonno


«Polisonnografia: da oggi in Clinica è possibile svolgere anche l’indagine indirizzata allo studio specifico delle patologie primitive del sonno», annuncia il dottor Walter Troni, neurologo della Clinica Fornaca. È un esame che consente di diagnosticare alcune tra i più diffusi disturbi del sonno, comprese le insonnie di difficile inquadramento clinico. «Per polisonnografia intendiamo la registrazione, […]

«Polisonnografia: da oggi in Clinica è possibile svolgere anche l’indagine indirizzata allo studio specifico delle patologie primitive del sonno», annuncia il dottor Walter Troni, neurologo della Clinica Fornaca. È un esame che consente di diagnosticare alcune tra i più diffusi disturbi del sonno, comprese le insonnie di difficile inquadramento clinico.

«Per polisonnografia intendiamo la registrazione, durante l’intera notte, di alcuni aspetti funzionali del sonno. In Fornaca era già attiva quella legata ai disturbi della funzionalità respiratoria durante il sonno, tra le quali figurano le apnee del sonno, ora siamo in grado di svolgere l’indagine polisonnografica indirizzata allo studio specifico delle patologie primitive del sonno». Con queste parole il dottor Walter Troni, neurologo della Clinica Fornaca, introduce il nuovo servizio a disposizione dei pazienti alle prese con i problemi, talvolta di difficile risoluzione, legati al sonno.

Dottor Troni, che cos’è il sonno? Qual è la sua funzione?

«È una temporanea, rapidamente reversibile, sospensione circadiana dello stato di coscienza che svolge alcune fondamentali azioni ristoratrici. La sua funzione continua a rappresentare un mistero, forse il più profondo delle neuroscienze: tutti ci rendiamo conto che svolge un’essenziale funzione ristoratrice, tuttavia non abbiamo alcuna certezza di che cosa e con quali meccanismi».

C’è chi gli attribuisce una funzione di “spazzino”: come mai?

«Probabilmente il sonno è fondamentale per permettere il consolidamento delle tracce di memoria accumulate durante la veglia e, in generale, per facilitare la “rigenerazione” metabolica della popolazione neuronale del cervello, resa esausta dall’incessante attività connessa alla veglia. Un recente filone di ricerca cita dati sperimentali abbastanza solidi che dimostrano come durante il sonno, in particolare durante la fase definita di “sonno lento”, si intensifichino processi metabolici volti a “depurare” il cervello da molte scorie metaboliche potenzialmente tossiche. È la funzione definita “scavenger” (spazzino) dalla recente letteratura internazionale. In particolare, si è visto che un’alterazione importante e continuativa della normale struttura del sonno può ostacolare l’eliminazione di una proteina, la beta-amiloide, il cui accumulo progressivo negli spazi tra i neuroni del cervello risulta la più accreditata causa della degenerazione neuronale alla base della malattia di Alzheimer. Questi dati definiscono, per la prima volta, un rapporto causale diretto tra efficienza del sonno e patogenesi di una malattia degenerativa a tutti tristemente nota».

Ha parlato di “sonno lento”: quali sono le altre fasi che lo caratterizzano?

«Il sonno ha una struttura complessa, analizzabile mediante elettrodi posti sul capo del paziente che registrano l’attività elettrica prodotta dai neuroni del cervello, esattamente come l’esame elettrocardiografico registra l’attività elettrica prodotta dal cuore. Il sonno si compone di fasi successive e ricorrenti in modo ciclico durante l’intera notte: alla fase di assopimento (fase N1), dopo una fase “interlocutoria” con specifiche caratteristiche elettroencefalografiche (fase N2), segue il cosiddetto sonno lento (fase N3), definito tale in quanto l’attività elettroencefalografica rallenta notevolmente la sua frequenza e aumenta di ampiezza. Dopodiché, all’improvviso, il quadro muta ciclicamente andando ad assumere talune caratteristiche simili al tracciato della veglia e della fase N1 e associando la presenza di movimenti rapidi degli occhi (da cui l’acronimo inglese REM: movimenti rapidi oculari), come se il paziente seguisse attivamente una scena che si svolge davanti ai suoi occhi. Quest’ultima è la fase che corrisponde ai sogni bizzarri, durante la quale la funzione cerebrale, almeno sotto l’aspetto elettroencefalografico, ricorda quella della veglia ma con una fondamentale differenza: la natura ha disposto che in questa fase noi siamo di fatto paralizzati, del tutto incapaci di muoverci, a parte gli occhi. Una “atonia” muscolare che risulta protettiva perché ci salva dai rischi connessi al reagire sul piano motorio alla scena onirica mentre siamo del tutto incoscienti. Il venir meno di questo meccanismo protettivo è alla base di un aspetto importante della patologia del sonno, molto frequente nella malattia di Parkinson, in cui il paziente “interpreta” il sogno che sta vivendo, spesso fortunatamente solo sul piano verbale, ma talora anche coinvolgendo il malcapitato partner di letto o rischiando traumi anche gravi da caduta dal letto. Peraltro, per chi fosse interessato ad approfondire gli aspetti fisiologici di questo affascinante “mondo onirico”, segnalo una recente monografia del professor Piergiorgio Strata, consulente del nostro gruppo di lavoro dal titolo “Dormire, forse sognare”, pubblicato da Carocci Editore».

La polisonnografia può aiutare nella diagnosi di questo disturbo?

«La polisonnografia, abbinata ai dati anamnestici, è assolutamente diagnostica in questa malattia definita “disturbi comportamentali da sonno REM” perché permette di collocare con certezza i disturbi motori del paziente nella fase REM, dimostrando peraltro l’assenza in questo caso della fisiologica “atonia” muscolare».

In quali altri disturbi del sonno la polisonnografia risulta utile?

«Gli aspetti della patologia del sonno sono sterminati e in molti casi l’indagine polisonnografica fornisce informazioni rilevanti per le insonnie di difficile inquadramento clinico e controllo terapeutico. La polisonnografia non consiste soltanto nel monitoraggio notturno dell’elettroencefalografia, visto che durante l’indagine si registrano in contemporanea molti altri parametri funzionali: dall’attività respiratoria, fondamentale per accertare e quantificare le apnee del sonno, a importanti parametri metabolici come la saturazione dell’ossigeno del sangue che risultano essenziali per quantificare il grado di severità delle apnee. Inoltre, la contemporanea registrazione dell’attività di alcuni distretti muscolari degli arti permette di monitorare anche l’attività motoria del paziente durante il sonno, elemento importante per la diagnosi di alcune patologie caratterizzate da movimenti periodici, soprattutto degli arti inferiori durante il sonno, definite PLM (movimenti periodici degli arti).

In cosa consiste la video-registrazione del paziente a letto?

«La video-registrazione del paziente a letto (Video-EEG) permette di “sincronizzare” in modo perfetto tutti i parametri contemplati dalla polisonnografia con l’aspetto comportamentale del paziente. La Video-EEG è di fondamentale importanza per la diagnosi di alcune forme di epilessia nelle quali le crisi si manifestano esclusivamente di notte (epilessia morfeica) e la cui diagnosi risulta spesso difficile. La polisonnografia fornisce infine utili elementi diagnostici in quella singolare patologia del sonno definita narcolessia, caratterizzata da improvvisi e ricorrenti episodi di sonno, i più importanti dei quali sono la riduzione del tempo di addormentamento e un’anomala, precoce comparsa di fasi di sonno REM».