Reflusso gastroesofageo: la “Stretta” per dare l’addio ai farmaci


Reflusso gastroesofageo: il trattamento con radiofrequenza, eseguito alla Fornaca dal dottor Luca Dughera, rinforza il muscolo dell’esofago e allontana i sintomi (bruciore e rigurgito) tipici di una malattia che interessa il 20 per cento della popolazione. Il reflusso gastroesofageo riguarda oltre il 20 per cento della popolazione del mondo occidentale, dove rappresenta una delle maggiori […]

Reflusso gastroesofageo: il trattamento con radiofrequenza, eseguito alla Fornaca dal dottor Luca Dughera, rinforza il muscolo dell’esofago e allontana i sintomi (bruciore e rigurgito) tipici di una malattia che interessa il 20 per cento della popolazione.

Il reflusso gastroesofageo riguarda oltre il 20 per cento della popolazione del mondo occidentale, dove rappresenta una delle maggiori patologie per incidenza e conseguente rilevanza economica. «E’ causato da più fattori ed esordisce sempre più precocemente anche per via dello stress tipico dei giorni nostri», osserva il dottor Luca Dughera, specialista in Endoscopia ed Endoscopia digestiva della Clinica Fornaca e della Città della salute e della scienza di Torino, nonché uno dei massimi esperti nazionali nel trattamento con radiofrequenza della malattia da reflusso gastroesofageo.

Dottor Dughera, che cos’è la malattia da reflusso gastroesofageo? Come si presenta?

«Si manifesta quando i succhi gastrici vengono a contatto con la parete dell’esofago causando bruciore dietro lo sterno e rigurgito acido, sintomi tipici della malattia. E’ normale che l’acido passi dallo stomaco all’esofago, ma il passaggio diventa patologico quando avviene con una frequenza e una durata superiori alla soglia di normalità».

Da cosa è causato?

«Il tono dello sfintere esofageo inferiore, vale a dire la zona di passaggio tra esofago e stomaco, rappresenta una barriera pressoria contro il reflusso ed è allo stesso tempo l’elemento più importante del meccanismo anti-reflusso. Quando la pressione si riduce e il passaggio di materiale acido e non acido dallo stomaco all’esofago supera una certa soglia, siamo in presenza della malattia da reflusso gastroesofageo».

Come viene trattata la patologia da reflusso gastroesofageo?

«In primis con un’adeguata educazione alimentare mirata a contenere i disturbi. Dopodiché con l’introduzione di farmaci specifici e, in casi particolari che registrano la presenza di ernie iatali di grosso volume, con l’intervento chirurgico teso a correggere il difetto anatomico».

All’assunzione cronica di farmaci o all’intervento chirurgico si contrappone l’alternativa rappresentata dal trattamento con radiofrequenza, la cosiddetta “Stretta”. Di cosa si tratta?

«E’ una metodica praticata per via endoscopica: poco invasiva, efficace e sicura. Può rappresentare l’unica alternativa al trattamento chirurgico per una serie di pazienti che dipendono da una terapia medica farmacologica. La radiofrequenza è una fonte di energia in grado di stimolare la crescita e la ripresa di tensione a livello del muscolo presente nella giunzione gastroesofagea».

In che modo avviene questo tipo di intervento?

«La procedura viene effettuata per via endoscopica con una sedazione cosciente del paziente. Durante l’esecuzione della Stretta viene utilizzata una sonda a palloncino che in 35 minuti e da posizioni diverse rilascia le onde radio direttamente sul segmento dello sfintere esofageo privo di sufficiente pressione. La stimolazione del muscolo ne favorisce la rigenerazione e il conseguente contenimento del passaggio di materiale acido. Di norma, il paziente viene risvegliato subito dopo la procedura, autorizzato a consumare un pasto fresco cremoso la sera stessa e dimesso la mattina successiva. Dopo appena 48 ore è in grado di riprendere qualsiasi attività lavorativa».

Quanto tempo è necessario affinché il trattamento riveli la sua efficacia? Il paziente potrà eliminare i farmaci che assumeva d’abitudine?

«Occorre un arco di tempo che va dalle otto alle quattordici settimane. Il paziente deve essere disposto a seguire un regime alimentare piuttosto rigoroso per almeno sei mesi: potrà mangiare di tutto già dopo poche settimane ma dovrà fare attenzione a consumare solo piccoli pasti, senza cedere alla tentazione di abbuffate né mettere su chili di troppo. Il muscolo rigenerato deve trovare una sua progressione di accrescimento, forzarne i tempi significa condannare al fallimento la procedura. Grazie a queste attenzioni alimentari la terapia farmacologica andrà gradualmente a scalare fino a essere del tutto sospesa entro sei settimane».

Chi può sottoporsi alla Stretta? E’ una tecnica ripetibile?

«Il paziente ideale è un soggetto relativamente giovane, obbligato all’assunzione di farmaci per controllare i sintomi da reflusso gastroesofageo, con un’ernia iatale non superiore ai 3 centimetri e un’adeguata pressione dello sfintere esofageo. E’ una tecnica facile e ripetibile perché in ogni caso non va a condizionare l’anatomia dello sfintere esofageo né impedisce al chirurgo un eventuale successivo intervento con la tecnica videolaparoscopica».

Quali sono i risultati che dimostrano l’efficacia della Stretta?

«Si tratta di una tecnica introdotta sedici anni fa che nel 75 per cento dei casi ha permesso per almeno dieci anni ai pazienti di non assumere più farmaci contro il reflusso gastroesofageo. E’ un netto miglioramento nella qualità di vita che deriva dall’oltre 90 per cento di successo del singolo trattamento: oggi la tecnica è ancora più veloce, sicura e confortevole. Ideale per le nuove sale di Endoscopia della Clinica Fornaca, sicuramente le più belle e funzionali di tutta Torino».