Salvatore Rocca Rossetti: il ricordo di uno dei più grandi urologi italiani di sempre


A un anno dalla sua scomparsa, la figura del professore è stata ricordata dal Comitato scientifico della Clinica Fornaca e affidata al commosso ricordo di chi ha lavorato con lui nel corso degli anni. «Aveva una capacità chirurgica incredibile, elegante e instancabile ed era allo stesso tempo un uomo gentile, amabile e affettuoso», ha detto […]

A un anno dalla sua scomparsa, la figura del professore è stata ricordata dal Comitato scientifico della Clinica Fornaca e affidata al commosso ricordo di chi ha lavorato con lui nel corso degli anni. «Aveva una capacità chirurgica incredibile, elegante e instancabile ed era allo stesso tempo un uomo gentile, amabile e affettuoso», ha detto di lui il professor Giovanni Muto.

L’uomo di scienza, il chirurgo e, prima di tutto, l’uomo: lo scorso 13 novembre il professor Salvatore Rocca Rossetti è stato ricordato dal Comitato scientifico della Clinica Fornaca in tutti i suoi aspetti, accompagnato da una gremitissima “Sala Torino” del Centro congressi dell’Unione industriale di Torino e dalla sincera commozione di chi è stato chiamato a ricordarlo. Il professor Rocca Rossetti è scomparso nel dicembre di un anno fa all’età di 91 anni ed è stato per molto tempo una figura di riferimento della Clinica nonché l’indiscusso maestro della generazione di urologi italiani che ancora oggi fa scuola nel mondo.

Il ricordo del professor Rocca Rossetti è partito dalle parole del professor Giovanni Muto, specialista della Fornaca e responsabile dell’Urologia di Humanitas Gradenigo, in un lungo e appassionato intervento dal titolo “Un allievo ricorda il Maestro”: «Ho incontrato per la prima volta il professor Rocca Rossetti nel 1976 e sono stato subito molto attratto dalla sua signorilità, quasi nobiliare», ha esordito. Nato a Napoli il 10 aprile 1927, Salvatore Rocca Rossetti è rimasto orfano di madre in tenera età: «È stato allevato dallo zio Alfonso, direttore di un Ministero, che aveva sposato la principessa Caracciolo, molto severa nella sua educazione», ha rivelato il professor Muto. Che lo definisce: «Gentile, amabile e affettuoso. Oltre che nel rapporto con le persone, lo si riscontrava anche in come trattava i cani e soprattutto i cavalli. La moglie Margaret lo aiutava in tutto e lui per anni l’ha assistita giorno e notte fino alla sua morte». Vincitore del “Premio Girolami” con la sua tesi di laurea, è stato allievo di Valdoni, Vimo e Provenzale, vale a dire la storia della Medicina italiana. «Il professor Rocca Rossetti mi portava a cena con Vimo e Provenzale e mi trattava come un figlio – ha aggiunto il professor Muto -, mi chiese anche di dargli del tu, ma io non ci sono mai riuscito». Risale a quegli anni a Trieste, dove il professor Rocca Rossetti dirigeva un’Urologia da cento letti, il sodalizio con il professor Muto: «Ci stimolava tantissimo con tecniche e idee sempre nuove. Nel ’79 capì che i tumori fino a 7 centimetri si potevano asportare senza “guastare” la prognosi del paziente, di fatto è stato il precursore dell’enucleoresezione renale». Dall’ottobre 1983 e fino al 1990, il professor Rocca Rossetti e il professor Muto hanno lavorato insieme a Torino, alle Molinette. «Aveva una capacità chirurgica incredibile, elegante e instancabile – ha proseguito il professor Muto -. Ciò che più mi ha affascinato è stata l’audacia dimostrata di fronte a masse impossibili. Faceva cose sensazionali ed era talmente bravo che faceva passare in secondo piano le sue altre qualità». Un rapporto formidabile tra i due specialisti, tanto che quando, nel marzo 2015, il professor Muto tenne la sua prima lezione al Campus Biomedico di Roma trovò a sorpresa, in prima fila, seduto accanto alla figlia proprio il professor Rocca Rossetti e a lui cedette la scena dicendo che nessuno era meglio di lui.

Il professor Walter Artibani, segretario generale della Società italiana di Urologia, ha invece affidato il suo ricordo a un videomessaggio: «Il professor Rocca Rossetti è stato un esempio e un modello nella dimensione professionale e umana – ha detto -. L’eleganza spiccava su tutto, nella forma e nei comportamenti. Era un uomo di grande cultura, capace di padroneggiare alla grande la lingua italiana, tanto che le sue opere scritte rimandano ai testi aulici del passato. Ci ha insegnato l’arte di come si lascia la scena: difficile da conquistare e da mantenere, ancor più difficile da abbandonare. Lui l’ha fatto alla grande. Tutta la comunità urologica italiana deve essergli grata per il suo immenso lavoro».

Direttore della Clinica urologica dell’Ospedale Molinette della Città della Salute e della Scienza di Torino, il professor Paolo Gontero ha parlato de “La laparoscopia e la robotica urologica”: «Il professor Rocca Rossetti è stato alle Molinette dall’83 al ’99 – ha sottolineato -, ma nelle sale operatorie risuona ancora oggi il suo nome, così come le testimonianze dei suoi collaboratori». Ha quindi ricordato come la laparoscopia urologica sia stata introdotta alle Molinette nell’89: «Il dottor Lorenzo Repetto, specializzando, disse al professor Rocca Rossetti che si occupava di laparoscopia, lui manifestò subito grande interesse. Se oggi la chirurgia robotica è la sorella maggiore della laparoscopia, lui ne è stato sicuramente un pioniere».

Ultimo intervento è stato quello del professor Roberto Mario Scarpa, neopresidente della Società italiana di Urologia: «Il professor Rocca Rossetti rappresenta la storia della chirurgia urologica in Sardegna e in Italia – ha ribadito -. Arrivato a Cagliari nel ’57, allievo di Luciano Provenzale che eseguì la prima colonscopia al mondo, s’è segnalato per le molte intuizioni e innovazioni in campo chirurgico. Era un uomo che sapeva vedere molto lontano per la sua intelligenza e grandissima competenza. Per me rimane tra i quattro più grandi chirurghi di sempre, capace di affrontare ogni imprevisto con freddezza, inappuntabilità e una fermezza incredibili».