Terapia anticoagulante orale, la nuova frontiera si chiama NAO


«Terapia anticoagulante orale: più efficaci e sicuri di quelli tradizionali, i nuovi farmaci portano con sé inconfutabili vantaggi per il paziente e sono stati recepiti come prime scelte dalle linee guida internazionali di cardiologi e internisti», spiega la dottoressa Piercarla Schinco, ematologa della Clinica Fornaca. «I Nuovi anticoagulanti orali (NAO) hanno dimostrato di essere, nella […]

«Terapia anticoagulante orale: più efficaci e sicuri di quelli tradizionali, i nuovi farmaci portano con sé inconfutabili vantaggi per il paziente e sono stati recepiti come prime scelte dalle linee guida internazionali di cardiologi e internisti», spiega la dottoressa Piercarla Schinco, ematologa della Clinica Fornaca.

«I Nuovi anticoagulanti orali (NAO) hanno dimostrato di essere, nella maggior parte dei casi, più efficaci e sicuri dei tradizionali farmaci antagonisti della vitamina K e hanno portato con sé inconfutabili vantaggi per il paziente. I risultati dei grandi trials clinici registrativi sono stati confermati anche nelle sottoanalisi (su pazienti con insufficienza renale cronica, popolazione anziana, pazienti con scompenso cardiaco) e nelle meta-analisi post-marketing e ne hanno favorito l’ingresso, come farmaci di prima scelta nella fibrillazione atriale e nel tromboembolismo venoso, nelle linee guida di cardiologi e internisti in Europa e negli Stati Uniti. Una svolta che, tra le altre cose, ha determinato un incremento nell’utilizzo della Terapia anticoagulante orale nel mondo».

La dottoressa Piercarla Schinco, ematologa e medico internista della Clinica Fornaca, già Direttore del Centro di riferimento regionale per le Malattie trombotiche ed emorragiche dell’adulto presso la Città della Salute e della Scienza di Torino, sintetizza con queste parole la “rivoluzione” che negli ultimissimi anni ha riguardato il paradigma terapeutico dei pazienti in Terapia anticoagulante orale (TAO).

Dottoressa Schinco, come si è arrivati alla definizione dei NAO? E cosa li rende diversi dai farmaci che li hanno preceduti?

«Per sviluppare l’azione anticoagulante in grado di prevenire e curare il tromboembolismo, dagli anni ’50 a oggi il farmaco più usato al mondo è stato il Warfarin (in commercio come Coumadin), capace di inibire l’assorbimento di vitamina K dagli alimenti e perciò di ridurre la sintesi di alcuni fattori della coagulazione e di conseguenza il potenziale coagulativo del sangue. Il Warfarin s’è dimostrato sicuramente efficace nel prevenire e curare la malattia trombotica ma ha rivelato anche punti di debolezza che ancora oggi rappresentano altrettanti deterrenti per la sua prescrizione perché agiscono in modo molto limitante sulla qualità di vita del paziente. I NAO sono allora il prodotto di una lunga ricerca farmaceutica che s’è concentrata sulle tappe più importanti della cascata coagulativa, vale a dire sul processo fisiologico di coagulazione del sangue che coinvolge tredici diversi Fattori, proteine plamastiche che si attivano l’un l’altra a catena fino alla formazione finale di un coagulo. La ricerca s’è concentrata in particolare sul Fattore X, considerato punto nodale di tutte le reazioni enzimatiche che portano alla formazione del coagulo: riuscire a inibirlo ha permesso di entrare in scena a tre farmaci che si chiamano Rivaroxaban, Apixaban ed Edoxaban. Con loro c’è anche il Dabigatran che invece opera sul Fattore II, anch’esso molto importante nella cascata coagulativa».

Cosa rende i NAO tanto efficaci? Cosa cambia per il paziente rispetto alla tradizionaleTerapia anticoagulante orale?

«A differenza del Warfarin, i NAO inducono una scoagulazione plasmatica standardizzata e perciò non costringono il paziente né a variare la dose del farmaco né a osservare diete speciali: il primo aspetto, in particolare, non rende nemmeno necessario il monitoraggio periodico in laboratorio che in precedenza risultava obbligato per via della difficoltà nell’individuare la giusta dose di farmaco e nel rapportarsi con le significative variazioni di coagulazione che facevano seguito anche a una piccola modifica della sua quantità. Inoltre, i NAO sono associabili alla maggior parte degli altri farmaci e vantano una farmacocinetica completamente diversa dal loro predecessore: hanno un’insorgenza d’azione pressoché immediata perché entro due ore dalla loro assunzione il paziente risulta già scoagulato (prima servivano tre o quattro giorni), mentre la sospensione del farmaco ripristina una normale coagulazione nell’arco di dodici ore. Una comodità straordinaria per il chirurgo e, ovviamente, per il paziente che deve andare incontro a manovre invasive come un intervento di chirurgia maggiore o minore. In pratica, i NAO agiscono come vere e proprie eparine, orali e perciò ancora più comode».

Quali controindicazioni hanno i nuovi farmaci? E cosa li differenzia tra loro?

«La controindicazione tassativa per tutti e quattro i NAO è quella relativa agli antimicotici parenterali: l’azione di questi ultimi aumenta moltissimo l’effetto anticoagulante che diventa perciò incontrollabile. Da evitare è anche l’associazione con i farmaci anti HIV, così come è bene non abbinare il Dabigatran a determinati farmaci antiaritmici. I nuovi farmaci hanno bersagli d’azione diversi ma producono un effetto farmacologico identico e il paziente viene scoagulato alla stessa maniera, ciò che li distingue può essere la modalità di assunzione: Dabigatran e Apixaban vanno presi due volte al giorno, Rivaroxaban ed Edoxaban una sola volta. La scelta dipende dal medico e dal paziente ma la copertura terapeutica è in ogni caso sicura».

Quali sono invece le indicazioni che ne suggeriscono l’utilizzo?

«Ovviamente un anticoagulante ha applicazioni amplissime nell’ambito delle patologie umane. Al momento, in Italia i NAO sono registrati solo per la prevenzione dell’ictus nella fibrillazione atriale e nella terapia della trombosi venosa profonda e dell’embolia polmonare, mentre all’estero sono prescrivibili anche in altri ambiti. Gli studi scientifici sono stati realizzati arruolando da 14mila a 18mila pazienti per ciascuno studio e hanno dimostrato che questi farmaci sono almeno altrettanto efficaci e spesso più efficaci del Warfarin nel prevenire l’ictus nella fibrillazione atriale ma risultano più sicuri perché provocano un numero significativamente inferiore di emorragie cerebrali, spada di Damocle di tutti i pazienti che assumono il Coumadin».

Quali sono i pazienti che beneficiano dell’ingresso dei nuovi farmaci?

«I maggiori benefici si riscontrano nei pazienti anziani con comorbilità: a loro i NAO garantiscono sicurezza, efficacia e maneggevolezza superiori. L’esempio è una delle patologie più frequenti tra gli anziani con fibrillazione atriale: nelll’insufficienza renale lieve e moderata i nuovi farmaci sembrano essere più sicuri del Warfarin ed evitano al paziente la ripetizione ravvicinata degli esami di laboratorio, migliorandone nettamente la qualità di vita. Un altro esempio è quello dei pazienti con embolia polmonare a rischio intermedio-basso: trattati con Edoxaban, i pazienti hanno una prognosi migliore di quelli trattati con Warfarin. In conclusione, in accordo con la pressoché totalità della letteratura specifica, i NAO sono ormai da considerare come la prima scelta della terapia anticoagulante, almeno nelle fibrillazione atriale e nel tromboembolismo venoso».