Terapia contro la sclerosi multipla, uno studio per valutare la risposta


Sclerosi multipla, come valutare il percorso di cura? Un innovativo studio della Clinica Fornaca e della Neurologia dell’Ospedale San Luigi: «Mappiamo la velocità di conduzione tra cervello e muscolo», dice il dottor Troni. Quali risultati sta producendo la terapia che il neurologo ha assegnato al suo paziente affetto da sclerosi multipla? A rispondere alla domanda […]

Sclerosi multipla, come valutare il percorso di cura? Un innovativo studio della Clinica Fornaca e della Neurologia dell’Ospedale San Luigi: «Mappiamo la velocità di conduzione tra cervello e muscolo», dice il dottor Troni.

Quali risultati sta producendo la terapia che il neurologo ha assegnato al suo paziente affetto da sclerosi multipla? A rispondere alla domanda può oggi contribuire lo studio che il dottor Walter Troni, neurologo della Clinica Fornaca, ha realizzato con il Dipartimento di Neurologia (e Centro di riferimento regionale per la sclerosi multipla) dell’ospedale San Luigi di Orbassano diretto dal dottor Antonio Bertolotto, con Federica Melillo, Simona Malocchi, Marco Capobianco, Francesca Sperli e Alessia Di Sapio. Lo studio permette di definire che tipo di effetto sta avendo la terapia in corso sul danno nervoso del paziente: miglioramento, stabilizzazione o non funzionamento?

«La sclerosi multipla è una malattia autoimmune del sistema nervoso centrale che, tra i suoi vari segni e sintomi, può comprendere un importante accumulo di disabilità motoria. Gli attuali farmaci immunomodulanti e immunosoppressori hanno modificato quella che, fino a pochi anni fa, era l’inevitabile evoluzione naturale della malattia: il ricorso alla sedia a rotelle, oggi assai meno frequente di una volta», spiega il dottor Troni. La malattia colpisce circa tre milioni di persone nel mondo, 500mila delle quali vivono in Europa e circa 68mila in Italia (con 1800 nuovi casi ogni anno). Esordisce di solito negli adulti sui trent’anni e interessa più donne che uomini (rapporto di tre a uno). Più raramente può manifestarsi anche in età infantile.

«La Risonanza magnetica e le tecniche di neuroimmagine hanno un’importanza fondamentale nella diagnosi della sclerosi multipla – aggiunge il dottor Troni -perché riescono a evidenziare con estrema attendibilità le aree di alterazione nel cervello e midollo spinale che, proprio a causa dell’insulto autoimmune della malattia, hanno visto danneggiata la guaina mielinica incaricata di permettere la trasmissione del segnale elettrico». Con l’evolversi della malattia, la Risonanza magnetica perde però in efficacia («Quando la progressione del carico lesionale diventa consistente – prosegue il dottor Troni -, non riesce più a documentare in moto attendibile un eventuale peggioramento») ed ecco perciò il supporto delle tecniche neurofisiologiche: «Studiano la conduzione dell’impulso nervoso lungo il sistema nervoso centrale e mantengono nel tempo la loro capacità di dimostrare l’alterazione, anche nella fase avanzata della malattia», precisa il neurologo.

Lo studio della Clinica Fornaca e del Dipartimento di Neurologia del San Luigi s’è concentrato sulle vie motorie e, in particolare, sugli arti inferiori, dove la sclerosi multipla tende a manifestarsi con maggior frequenza. «Abbiamo mappato la velocità di conduzione motoria dal cervello a moltissimi muscoli delle gambe utilizzando un solo punto di stimolazione vertebrale e un solo punto di stimolazione corticale», continua il dottor Troni. Perché l’essenza risiede nello studio della velocità di collegamento tra cervello e muscolo con l’esclusione della rete dei nervi: «La malattia riguarda il sistema nervoso centrale e perciò dobbiamo decantare tutto ciò che è periferico per concentrarci sulla centralità del sistema nervoso», conferma. Se a ciascuno di questi muscoli, dalla coscia al piede, togliamo la latenza periferica dell’impulso, otteniamo il tempo selettivo che lo separa dall’ordine ricevuto dal cervello.

Attraverso questa metodica, in una sola seduta, è allora possibile mappare il danno della conduzione motoria centrale che interessa i muscoli, prossimali e distali, degli altri inferiori. «E’ molto importante – sottolinea il dottor Troni – perché ci permette di avere un riscontro oggettivo della terapia che il paziente sta seguendo. Sulla sfera motoria non esiste dato più oggettivo del calcolo in millesimi di secondo del tempo di conduzione dell’impulso nervoso». La metodica permette quindi di definire se quella terapia ha avuto una ricaduta positiva o meno sul danno demielinizzante: ha arrestato l’evoluzione peggiorativa? L’ha portata a un miglioramento?»

Accolto con grande favore dai “referees” (esperti chiamati a valutare la correttezza e la rilevanza del lavoro svolto), lo studio è il frutto di due anni di lavoro congiunto, ha coinvolto decine di soggetti ed è anche una risposta all’evoluzione registrata negli ultimi anni dalla sclerosi multipla: «S’è spostato in avanti il limite di accumulo della disabilità ed è aumentata l’aspettativa di vita in condizioni di autonomia funzionale – conclude il dottor Walter Troni -. Metodiche come quella da noi studiata diventano importanti perché ci permettono di monitorare in modo attendibile l’evoluzione della malattia».