Trapianti e non solo, come cambia la Chirurgia vascolare


Il dottor Piero Bretto, chirurgo vascolare della Clinica Fornaca, spiega come anni d’esperienza hanno oggi condotto a interventi straordinari come il trapianto di rene su un paziente sveglio. «Il medico deve fare di tutto per farsi capire dal paziente, il bravo chirurgo evita i gesti inutili». È il chirurgo vascolare dei record, quello che a […]

Il dottor Piero Bretto, chirurgo vascolare della Clinica Fornaca, spiega come anni d’esperienza hanno oggi condotto a interventi straordinari come il trapianto di rene su un paziente sveglio. «Il medico deve fare di tutto per farsi capire dal paziente, il bravo chirurgo evita i gesti inutili».

È il chirurgo vascolare dei record, quello che a Torino e in Italia vanta una serie di primati legati all’esperienza e alla lungimiranza di chi, nel 1980, lo spedì a Oxford dal professor Peter Morris ad apprendere le tecniche di prelievo e trapianto renale. «La creazione di un’équipe mista: vascolare e urologica, per eseguire i trapianti renali fu la scelta vincente che in pochi anni ci permise di diventare uno dei maggiori riferimenti a livello nazionale e internazionale». Il dottor Piero Bretto è un chirurgo vascolare della Clinica Fornaca nonché il responsabile del reparto di Chirurgia vascolare nei Trapianti renali della Città della Salute e della Scienza di Torino. Oltre agli straordinari numeri in fatto di trapianti, ha all’attivo più di 6.000 interventi sulle arterie (carotidi, aneurismi, arteriopatie periferiche) e altrettanta esperienza sulle patologie venose (trombosi e varici) dal punto di vista medico e chirurgico.

Il dottor Bretto ha peraltro coordinato l’équipe che lo scorso agosto ha eseguito un trapianto di rene su un paziente sveglio: assieme all’altro chirurgo vascolare Federica Giordano e all’urologo Giovanni Pasquale, il dottor Bretto ha lavorato con l’anestesista Fabio Gobbi che ha combinato nel modo corretto l’anestesia spinale con quella peridurale: «Com’è ormai noto – ricorda oggi il dottor Bretto – quel paziente non tollerava alcun tipo di sedazione ed è pertanto stato trapiantato da sveglio. Nel corso dell’intervento abbiamo chiacchierato a lungo e, scherzando, gli ho anche detto di stare attento a non toccarmi il braccio perché lui gesticolava e io stavo operando».

Ma anche in un’operazione come quella occorre tenere bene a mente un concetto: «L’ho imparato negli Stati Uniti durante i miei primi anni di formazione – assicura il dottor Bretto -: non è il paziente che deve capire il medico ma è il medico che deve farsi capire dal paziente. A me preme tantissimo spiegare al paziente quanto mi accingo a fare con lui. Ho la fortuna di saper disegnare in modo efficace e perciò mi servo anche di disegni per fargli capire il motivo per cui devo intervenire sull’addome anche se lui ha male a un piede». Perché al di là del virtuosismo chirurgico c’è sempre un obiettivo semplice: «Il medico deve migliorare la vita del paziente. Medici, infermieri, tecnici radiologi e di laboratorio sono il fulcro della sanità. L’esperienza e la capacità sono quelle che permettono a noi sanitari di dare sempre il meglio e di fare un buon lavoro. La velocità di esecuzione di un intervento non è data dall’abilità con la quale muovi le mani, quanto dal sapere bene cosa stai facendo senza eseguire gesti inutili», aggiunge.

«In chirurgia siamo passati dai piccioni viaggiatori ai telefoni satellitari – conclude il dottor Bretto -. Quando ho iniziato io, negli anni Settanta, non si potevano neanche valutare i flussi, mentre oggi ci pensa l’ecodoppler. L’angiografia veniva fatta pungendo direttamente l’aorta per via translombare e la carotide. A pensarci, oggi vengono i brividi. La diagnostica è cambiata in modo esponenziale e ci permette di fare cose prima impensabili ma guai a disgiungere l’efficienza dall’etica che ci deve sempre accompagnare».