Tumore al seno: l’importanza della consulenza psicologica


Una diagnosi di tumore mammario segna una frattura nella vita di una donna, cambiando prospettive, tempi e relazioni. Il supporto psicologico può sostenere nella rielaborazione emotiva e nella ricerca di nuove risorse.

È come se il tempo si fermasse, ma solo per te. Il mondo continua a girare, le altre persone a vivere, ma tu resti sospesa. Una diagnosi di tumore al seno arriva spesso all’improvviso, nel bel mezzo di un’agenda piena di impegni: una famiglia da accudire, un lavoro da portare avanti e mille responsabilità quotidiane che non si fermano. Eppure, in un attimo, la vita cambia direzione e in te si fanno spazio sentimenti di paura, confusione, tristezza e, soprattutto, rabbia. Una rabbia profonda, confusa, che non sai bene dove indirizzare. Verso il tuo corpo che ha “fallito”. Verso un gene che forse hai ereditato. Verso i medici che non hanno capito prima. Verso la famiglia che non ti comprende. Verso chi continua a vivere come se niente fosse.

Per qualsiasi donna, affrontare un tumore al seno non significa solo sottoporsi a interventi e terapie: vuol dire anche attraversare un terremoto interiore, che intacca l’immagine di sé, l’autostima, la femminilità, la relazione con gli altri. Nel percorso senologico, la dimensione emotiva ha un peso enorme ed è qui che entra in gioco la consulenza psicologica: non per “curare” un’emozione sbagliata, ma per darle spazio, senso, direzione.

Approfondiamo l’argomento con la dottoressa Clara Suppa, psicologa del Centro di senologia della Clinica Fornaca di Torino.

Vuoi informazioni o prenotare un prelievo in Fornaca o a domicilio? Chiama il numero 011.5574.355

Perché è importante una consulenza psicologica?

La senologia è la branca della medicina che studia le patologie mammarie, tra cui il tumore al seno, una delle malattie oncologiche più diffuse tra le donne. Negli ultimi anni, grazie alla crescente attenzione verso un approccio più globale alla cura, si è fatta strada una consapevolezza fondamentale: la guarigione non può riguardare solo il corpo, ma deve necessariamente includere anche la dimensione psicologica della persona.

Dopo la diagnosi, il sostegno di uno psicologo può aiutare a ritrovare un equilibrio emotivo, fornendo uno spazio protetto in cui la donna può dare voce alle sue paure e iniziare a elaborare quello che sta accadendo. Nella nostra cultura, infatti, la parola “cancro” suona ancora come una sentenza di morte e questo può amplificare il senso di smarrimento. In questa fase iniziale, la consulenza psicologica ha il compito di accogliere il vissuto della persona, accompagnando nella presa di coscienza della malattia e nella costruzione di risorse interiori utili per affrontarla.

Altrettanto importante è rivedere il concetto di “tempo”, che cambia radicalmente. Non si è più nel “tempo di prima”, quello scandito dalla quotidianità e dagli impegni. Ora il tempo diventa frammentato: c’è il tempo delle visite, quello delle terapie, delle attese, dei controlli, ma anche quello del malessere, del recupero, della stanchezza, dell’incertezza. Questo cambiamento può generare una sensazione di perdita di controllo, perché il tempo non appartiene più solo alla donna, ma viene in parte dettato dalla malattia. Bisogna accettare ritmi diversi, riconoscere i propri bisogni e imparare a prendersi del tempo per sé in modo nuovo e più consapevole.

Come si impara ad accettare la nuova “sé”?

Con l’inizio dei trattamenti, che possono includere chirurgia, radioterapia, chemioterapia, terapia endocrina e terapia a bersaglio molecolare, la donna si confronta con cambiamenti importanti e spesso dolorosi. La trasformazione del corpo, soprattutto nei casi in cui sia necessaria una mastectomia, può generare un profondo senso di perdita, colpendo profondamente l’autostima e l’identità personale. L’immagine corporea viene stravolta e può diventare difficile riconoscersi.

In questi momenti, la consulenza psicologica gioca un ruolo essenziale nell’aiutare la donna a ristabilire un rapporto più tollerante con il proprio corpo. È un percorso delicato che tocca aspetti profondi dell’identità, della femminilità e della sessualità, che spesso non trovano spazio nei colloqui clinici tradizionali ma che, se ignorati, possono generare ulteriore sofferenza.

Affrontare le cure significa non soltanto tollerare gli effetti collaterali fisici, ma anche gestire l’incertezza, la fatica mentale e la vulnerabilità che ne derivano. Lo psicologo accompagna la paziente nel trovare strategie utili per affrontare lo stress, rafforzare la motivazione e sostenere la propria resilienza, evitando di cadere nel tunnel della depressione. Inoltre, può facilitare la comunicazione con l’équipe medica, aiutando la donna a sentirsi parte attiva del suo processo di cura, a porre domande, a esprimere bisogni, a prendere decisioni consapevoli.

Viene coinvolta anche la famiglia?

Nel percorso, è fondamentale il coinvolgimento della famiglia. Quando una donna si ammala, tutta la sua rete relazionale viene colpita. Il partner, i figli, i genitori e gli amici si trovano a dover affrontare insieme a lei un percorso difficile, spesso senza avere strumenti adeguati. Le dinamiche familiari possono complicarsi, generando incomprensioni, tensioni o chiusure emotive.

La consulenza psicologica può offrire un sostegno prezioso anche ai familiari, aiutandoli a comprendere cosa sta vivendo la persona amata e come supportarla in modo empatico e non invadente. In alcuni casi, può essere utile coinvolgerli direttamente nei colloqui per favorire un dialogo più aperto e costruttivo, ma ogni percorso va personalizzato: alcune pazienti sentono il bisogno di affrontare la malattia in modo più riservato, mentre altre desiderano avere accanto il compagno di vita o un familiare stretto, che a sua volta può trovarsi in difficoltà nell’accettare e comprendere ciò che sta accadendo.

La consulenza psicologica si esaurisce con le terapie?

Una volta terminati i trattamenti, molte donne si aspettano di tornare rapidamente alla normalità, ma ben presto scoprono che il periodo post-terapia è altrettanto complesso. La fine delle cure, pur rappresentando un sollievo, espone a nuove difficoltà: la paura delle recidive, la difficoltà di reinserirsi nel mondo del lavoro o nella vita sociale, la necessità di ridefinire la propria identità con i segni che la malattia ha lasciato.

In questa fase, la consulenza psicologica può aiutare a elaborare l’intera esperienza vissuta, a dare un senso alla malattia e a ritrovare un equilibrio nella “nuova normalità”. L’obiettivo non è dimenticare quanto accaduto, ma integrarlo nella propria storia personale come parte di un processo di trasformazione.

Il servizio offerto dalla Clinica Fornaca

Presso la Breast Unit di Fornaca, la donna può avviare un percorso psicologico subito dopo la diagnosi. Generalmente, il primo colloquio ha l’obiettivo di raccogliere informazioni sul vissuto emotivo della paziente, esplorare le sue paure, i bisogni e le risorse personali. A questo incontro fanno seguito, di norma, altri due o tre appuntamenti, che possono essere prolungati in base alle esigenze individuali e alla disponibilità della paziente.

Il percorso viene costruito in modo flessibile e personalizzato, tenendo conto della specificità della persona, del momento che sta attraversando e del modo in cui vive la malattia. L’obiettivo è offrire uno spazio sicuro e accogliente, in cui potersi esprimere liberamente e trovare strumenti interiori per affrontare con maggiore consapevolezza il proprio cammino di cura.

Torna su