Tumore cerebrale: chirurgia mininvasiva contro il cancro


Il dottor Francesco Zenga lo ha eseguito alla Clinica Fornaca: il neurochirurgo non opera tagli ma passa dal naso del paziente grazie a un endoscopio tridimensionale ad alta definizione. Un tumore cerebrale rimosso con un intervento di chirurgia mininvasiva, passando dal naso del paziente con un endoscopio tridimensionale ad alta definizione. Lo ha eseguito alla […]

Il dottor Francesco Zenga lo ha eseguito alla Clinica Fornaca: il neurochirurgo non opera tagli ma passa dal naso del paziente grazie a un endoscopio tridimensionale ad alta definizione.

Un tumore cerebrale rimosso con un intervento di chirurgia mininvasiva, passando dal naso del paziente con un endoscopio tridimensionale ad alta definizione. Lo ha eseguito alla Clinica Fornaca il dottor Francesco Zenga, medico della Fornaca e dirigente di primo livello presso la Neurochirurgia universitaria della Città della Salute e della Scienza di Torino diretta dal professor Alessandro Ducati.

Si trattava di un craniofaringioma, che assieme agli adenomi ipofisari, ai meningiomi e ai cordomi del clivus rappresenta le patologie più frequenti in cui è possibile eseguire un intervento di chirurgia endoscopica endonasale del basicranio, zona di confine tra testa e faccia dove si appoggia il cervello. «Nel passato – spiega il dottor Zenga – si faceva ricorso a interventi pesantissimi con sequele sia neurologiche sia estetiche davvero devastanti per il paziente, anche dal punto di vista psicologico. Oggi, grazie all’approccio endoscopico, le stesse patologie vengono trattate in maniera mininvasiva e massimamente efficace». Il naso diventa un’enorme porta d’ingresso per il chirurgo che può entrarvi senza operare tagli e muovendosi al suo interno con grande facilità: «L’endoscopio tridimensionale ad alta definizione – aggiunge il dottor Zenga, che in sala operatoria indossa un paio d’occhiali 3D – assicura sicurezza e precisione del gesto chirurgico oltre a un’accuratezza nella distinzione tra tessuto patologico e tessuto sano che è nettamente superiore a quella di qualsiasi altra tecnica disponibile».

Sono pochissimi i centri ospedalieri che in Italia dispongono di un endoscopio tridimensionale ad alta definizione, in Piemonte sono attivi solo quelli della Clinica Fornaca e della Neurochirurgia delle Molinette (Città della Salute e della Scienza). Li utilizza entrambi il dottor Francesco Zenga, tra i primissimi specialisti al mondo a compiere interventi con questa apparecchiatura. «Il merito dell’introduzione della tecnologia in Italia spetta al mio Direttore, il professor Alessandro Ducati, che per primo ha intravisto le potenzialità del nuovo strumento. Presso la sede delle Molinette abbiamo già eseguito più di 200 interventi, nonostante la tecnica endoscopica tridimensionale esista da pochi anni e non sia ancora molto diffusa – prosegue il dottor Zenga -. Quello alla Clinica Fornaca è stato un intervento che ho eseguito nella massima tranquillità, sapendo di avere a disposizione la Terapia intensiva e altre strutture della Clinica molto ben collaudate. Dopo cinque giorni di degenza, il paziente operato è stato dimesso come da protocollo». Gli interventi di chirurgia endoscopica endonasale del basicranio vengono gestiti dal neurochirurgo insieme con l’endocrinologo e l’otorinolaringoiatra: «Al primo spettano la diagnosi preoperatoria, la gestione perioperatoria con l’adeguata terapia farmacologica e la gestione post operatoria del paziente – osserva il dottor Zenga -, al secondo tocca invece il compito di intervenire durante le delicate fasi di apertura e chiusura dell’intervento, condividere la parte principale della chirurgia e gestire le eventuali problematiche post operatorie al naso».

In tutti questi casi risulta molto importante una corretta e pronta diagnosi, come spiega la dottoressa Silvia Grottoli, medico della Clinica Fornaca e responsabile del Centro ricerche cliniche per la Divisione di Endocrinologia, diabetologia e metabolismo della Città della Salute e della Scienza di Torino. «È fondamentale diagnosticare e tipizzare le singole lesioni ipofisarie – conferma la dottoressa Grottoli -: più precisa sarà la diagnosi e maggiori saranno le possibilità di corretto trattamento, che potrà essere medico, chirurgico o attendistico». Si tratta di patologie rare che non distinguono tra uomo e donna e che non sono legate a un’età particolare: «Vengono spesso diagnosticate tardi, anche perché chi ne è colpito attribuisce all’invecchiamento tutti i cambiamenti, talvolta evidenti, che ne riguardano l’aspetto fisico. È perciò opportuno rivolgersi a chi ha un’esperienza specifica, utile a una diagnosi corretta che ottimizzi i risultati e non faccia perdere tempo prezioso al paziente».