Tumori di testa e collo, l’approccio chirurgico è sempre meno invasivo


«Massimo risultato di guarigione oncologica e minimo danno estetico e funzionale per merito degli strumenti endoscopici e della possibilità di utilizzare la chirurgia robotica», spiega il professor Giancarlo Pecorari, otorinolaringoiatra della Clinica Fornaca, «I tempi di recupero si accorciano e consentono al paziente di tornare alla vita di sempre in appena una settimana».   «Per […]

«Massimo risultato di guarigione oncologica e minimo danno estetico e funzionale per merito degli strumenti endoscopici e della possibilità di utilizzare la chirurgia robotica», spiega il professor Giancarlo Pecorari, otorinolaringoiatra della Clinica Fornaca, «I tempi di recupero si accorciano e consentono al paziente di tornare alla vita di sempre in appena una settimana».

 

«Per i tumori di testa e collo la terapia chirurgica punta a essere sempre meno invasiva: si studiano e si applicano vie, approcci e tecniche nuove, capaci di raggiungere il massimo risultato di guarigione oncologica e di abbinarlo al minimo danno estetico e funzionale». Il professor Giancarlo Pecorari, otorinolaringoiatra della Clinica Fornaca e della Città della Salute e della Scienza di Torino nonché docente di Otorinolaringoiatria e presidente del corso di laurea in Tecniche audioprotesiche dell’Università degli Studi di Torino, sintetizza con queste parole i grandissimi cambiamenti in atto nell’ambito naso-sinusale e orofaringeo della chirurgia oncologica.

Professor Pecorari, quali sono gli elementi che hanno permesso di trasformare in modo così repentino la gestione chirurgica dei tumori di testa e collo?

«Il grande cambiamento va attribuito alla possibilità di utilizzare corridoi chirurgici endoscopici che ci permettono oggi di raggiungere zone estremamente delicate, come il basicranio, evitando di incidere l’esterno del volto del paziente. Passando solo attraverso il naso, si può asportare il tumore e permettere al paziente di riprendere in soli tre o quattro giorni la normale attività lavorativa e ludica senza dover patire limitazioni sociali. Si tratta di una chirurgia che prevede necessariamente la collaborazione con neurochirurghi dedicati a questo tipo di approcci: dal 2011 si è creata un équipe multidisciplinare in cui il nostro neurochirurgo di riferimento è il dottor Francesco Zenga».

A questo progresso ha contribuito anche la chirurgia robotica? In che modo?

«Sì, l’aspetto tecnologico più innovativo è quello legato all’utilizzo del robot chirurgico: oggi sta finalmente avendo grande spazio anche nella chirurgia oncologica del distretto cervico facciale per merito di strumenti dedicati che ci consentono di usarlo in presenza di tumori del cavo orale – orofaringe e della laringe: a parità di risultato oncologico, questa metodica offre minor danno collaterale e minor deficit funzionale di quelli accusati con la chirurgia tradizionale. Si tratta di un’importante inversione di tendenza: fino a poco tempo fa il robot chirurgico veniva usato soprattutto in ambito urologico, ginecologico e generale, gli attuali strumenti consentono anche all’otorinolaringoiatra di raggiungere i distretti più difficili e di asportare i relativi tumori in modo estremamente conservativo».

Quali sono i vantaggi rappresentati da queste nuove tecniche?

«Oltre al danno iatrogeno che ogni intervento chirurgico porta con sé, le tecniche tradizionali risultano molto più invasive e prevedono un approccio esterno con incisioni sul collo che possono essere anche molto estese. L’approccio endoscopico, praticabile nell’80 per cento dei casi, cambia molto anche in termini di tempi di recupero: prendendo come esempio i tumori naso-sinusali, l’incisione in mezzo al viso richiedeva 15/20 giorni di stop, oggi si può tornare alla vita di sempre in meno di una settimana».

Quali sono i tumori più frequenti che possono essere aggrediti con queste tecniche endoscopiche?

«Per quanto riguarda il naso, si tratta dei papillomi invertiti, di tumori maligni naso-sinusali di piccole e medie dimensioni nonché dei tumori del basicranio con una malignità intermedia: craniofaringiomi, condomini e meningiomi possono essere affrontati per via transnasale e non più transfacciale, un approccio che ha cambiato radicalmente il decorso operatorio del paziente. In questi casi risultano fondamentali la collaborazione e la perfetta sintonia con il neurochirurgo: ecco perché è tanto importante partecipare a corsi teorico-pratici di chirurgia, dove i partecipanti sono coppie di otorinolaringoiatri e neurochirurghi com’è accaduto con il dottor Zenga. In merito alla laringe, nel prossimo futuro la chirurgia robotica è destinata a cambiare del tutto il decorso post operatorio e, soprattutto, i risultati funzionali dell’intervento. Di norma, la gente associa la laringe alla voce, ma la sua funzione principale riguarda il mangiare: deglutizione, fonazione e respirazione è l’ordine di importanza delle funzioni laringee».

Quanto sono diffusi questi tipi di tumore nella popolazione?

«Rappresentano il 5 per cento di tutti i tumori maligni e rientrano tra i cinque tumori più frequenti in assoluto. In Italia si contano 12 casi per 100mila abitanti, quelli naso-sinusali sono più frequenti negli uomini, mentre per cavo orale e orofaringe l’incidenza è pressoché identica per uomini e donne. Il tumore della laringe è invece molto più frequente (rapporto di sei a uno) nell’uomo. L’età media si colloca tra i 50 e i 70 anni, ma si sta abbassando sempre di più».

Senza voler essere allarmistici, quali possono essere i sintomi di un tumore della laringe?

«La sensazione di un corpo estraneo in gola o un abbassamento della voce che persistono da più di 15-20 giorni e non rispondono alla terapia medica devono necessariamente essere visti da uno specialista. Nella stragrande maggioranza dei casi non è nulla di grave, ma in alcuni casi potrebbero essere i primi sintomi di un tumore alla laringe: una laringoscopia aiuterà allora lo specialista nella valutazione del problema segnalato dal paziente».