Disturbo ossessivo compulsivo, depressione e dipendenze si curano con la TMS


La Stimolazione magnetica transcranica è utilizzata alla Clinica Fornaca dal dottor Lorenzo Fabiani, neurologo: «Il metodo consente in tutta sicurezza di stimolare o inibire in modo non invasivo alcune selezionate regioni anatomiche del cervello e di riorganizzare la connessione perduta». Ogni patologia ha protocolli assodati e approvati dalla comunità scientifica internazionale, la somministrazione di ogni […]

La Stimolazione magnetica transcranica è utilizzata alla Clinica Fornaca dal dottor Lorenzo Fabiani, neurologo: «Il metodo consente in tutta sicurezza di stimolare o inibire in modo non invasivo alcune selezionate regioni anatomiche del cervello e di riorganizzare la connessione perduta». Ogni patologia ha protocolli assodati e approvati dalla comunità scientifica internazionale, la somministrazione di ogni singolo trattamento dura venti minuti e consiste in stimolazioni ripetute di frequenza crescente.

 

La TMS (nota anche come Stimolazione magnetica transcranica) è un metodo non invasivo di induzione della neuroplasticità cerebrale con potenziale terapeutico rivolto ad alcune malattie degenerative neurologiche come a comorbidità psichiatriche successive a eventi neurologici acuti (disturbi cognitivi, depressioni e disturbi disadattativi post ictus) nonché a patologie neuropsichiatriche quali le depressioni, il DOC (Disturbo ossessivo compulsivo) e i disturbi di dipendenza. Alla Fornaca viene utilizzata dal dottor Lorenzo Fabiani, neurologo della Clinica, per il disturbo depressivo maggiore, i disturbi da dipendenza da stupefacenti o alcol, il disturbo ossessivo compulsivo.

Dottor Fabiani, come funziona la TMS?

«La TMS consente di stimolare o inibire in modo non invasivo alcune selezionate regioni anatomiche del cervello. Lo fa attraverso il principio dell’impulso magnetico limitato e focalizzato in una ridotta porzione di tessuto (la cosiddetta “area target”). Grazie a una bobina di stimolazione che riceve energia dal generatore di impulsi di corrente, il paziente sottoposto a una seduta riceve l’impulso magnetico che, attraversando i tessuti scalpo-osso-meningi, raggiunge il bersaglio di somministrazione del fascio applicato. Un’accurata valutazione e navigazione anatomo-topografica di tipo neuroimaging e neurofisiologico (Elettroencefalogramma) consente la selezione del giusto target: la procedura eseguita permette di variare (bloccando o sbloccando) alcuni meccanismi della connessione sinaptica che si erano alterati fino a causare un disturbo».

In che modo agisce questa procedura?

«La TMS è una procedura nata come diagnostica, che ha avuto presto un’estensione terapeutica. Per stimolare un tessuto, la TMS utilizza un campo magnetico generato da un solenoide (una calamita) elettricamente caricato e dal quale esce un flusso di energia magnetica. Il vantaggio enorme del campo magnetico su quello elettrico è che è più modulabile: l’effetto finale di questo flusso canalizzato di energia magnetica è quello di riorganizzare una connessione, una rete, un tratto di quel circuito di comunicazione tra centri che produce poi un effetto, un agito e infine una risposta. Il sistema nervoso è infatti dotato di questa caratteristica strepitosa: raccoglie informazioni, dati e stimoli, li elabora e produce risposte adattative».

Da cosa hanno origine le patologie trattate dalla TMS?

«Molte patologie e disturbi si generano in virtù del fatto che il rapporto tra la raccolta dello stimolo, la sua elaborazione e la risposta adattativa incontra interferenze e dissonanze. A titolo di esempio: nel cervello abbiamo centri deputati a immaginare il movimento prima che questo venga compiuto e che, naturalmente, pongono il movimento sul piano di realtà, cioè lo rendono possibile solo se è necessaria la traduzione da progetto del movimento stesso a sua esecuzione. Alla base di questo meccanismo si pongono alcuni disturbi ossessivo compulsivi: determinate aree del nostro cervello fanno da filtro sull’esecuzione del movimento solo quando necessario e, in alcune circostanze, entrano in crisi non riuscendo a filtrare l’opportunità del movimento stesso dando origine a un movimento parassita che è impossibile controllare. È quello che una volta veniva definito “tic”».

A quel punto, come interviene la TMS?

«La TMS, potendo interferire favorevolmente nella rimodulazione di comunicazione tra centri deputati a questa funzione, è in grado – così come possono anche fare i farmaci o la psicoterapia – di accelerare un processo di ri-apprendimento della procedura corretta. Molte procedure scorrette, alle base delle quali ci sono sofferenze del nostro sistema nervoso centrale, sono plasticamente determinate da vizi di comunicazione tra centri diversi del cervello che entrano in crisi per ragioni disparate e subiscono un meccanismo di rinforzo e di apprendimento errato nel tempo. La chiave di volta del funzionamento della TMS sta proprio nella rimodulazione della plasticità: il sistema nervoso è appunto plastico e dinamico, non è fermo, le connessioni cambiano orientamento, modificano il volume e la qualità di impulsi che viaggiano su questa straordinaria rete di comunicazione tra centri. È più importante un’eccelsa comunicazione tra pochi centri che una comunicazione disordinata tra molti centri. In questo, madre natura ripete gli schemi che sono della nostra società: una società che non comunica bene produce criticità. In scala, il nostro sistema nervoso centrale funziona così: servono armonia e modulazione corrette e molte patologie discendono da questa caduta in armonia. La TMS funziona certamente in alcuni ambiti e disturbi: il campo elettromagnetico è in grado di riorganizzare/rimodulare la comunicazione tra centri che hanno perduto questa capacità dinamica».

Cosa accade fattivamente nelle patologie curabili con la TMS?

«Nella depressione maggiore, nel Disturbo ossessivo compulsivo e nelle varie forme di dipendenza, è provato che ci sia un tilt: una puntina che si incanta sul vinile e che ha perso la capacità modulatoria. Chi ha questi disturbi mostra sintomi rituali: mantra e cadenze nei gesti e nei pensieri. Qualcosa di figurativamente incantato, riproposto e reiterato. La TMS è il dito leggero che rimette la puntina nel solco corretto. È l’immissione di fattori che riparano e riorganizzano la rete di comunicazione. È la fibra ottica che porta il messaggio a passare dal punto A al punto B. Tuttavia si deve capire dove si interviene e perché su quella via di comunicazione l’impulso sbaglia percorso, reiterando lo stesso meccanismo, ovvero impedendo lo sblocco. Tutto ciò che nel nostro cervello è stereotipato può produrre dei difetti di funzionamento: modulazione e plasticità consentono la manutenzione di un certo stato di equilibrio. Il meccanismo di apprendimento è la base solida su cui si appoggia il pilastro concettuale della neuroplasticità. Finché imparo il mio cervello è plastico, finché il mio cervello è plastico si può riparare, temporaneamente o definitivamente. Nei tre ambiti affrontati alla Clinica Fornaca la TMS risulta efficace circa nel 70 per cento dei casi, mentre il rimanente 30 per cento può fallire».

Esistono rischi o controindicazioni per questa procedura?

«La procedura non comporta particolari rischi: il campo magnetico non ha un impatto lesivo e il volume di energia trasferito risulta ben tollerato dai tessuti biologici. Le controindicazioni riguardano chi ha un impianto con dispositivi elettromagnetici come pacemaker o impianti cocleari, mentre occorre un atteggiamento prudenziale/esclusivo riguardo il soggetto epilettico, anche presunto. In ogni caso, è fondamentale la raccolta dati utile a mettere il soggetto in condizioni di massima sicurezza. I trattamenti durano venti minuti e consistono in stimolazioni ripetute di frequenza crescente. Ogni tipo di patologia ha protocolli assodati e approvati dalla comunità scientifica internazionale che possono durare da tre a sei settimane, intercalati da pause fondamentali per la raccolta dei riscontri preliminari. Se il trattamento è centrato, l’effetto tangibile è apprezzabile dopo 30 giorni».

Dal punto di vista clinico, si tratta di un lavoro di squadra?

«Medico psicologo e tecnico di neurofisiopatologia condividono il caso e lo scambio di informazioni, creando attorno al paziente una rete autentica di sostegno. Considerato che modulazione e riorganizzazione della neuroplasticità possono essere definitive come temporanee, il rischio di recidiva c’è: pertanto occorre lavorare anche sulla parte psico motivazionale, come talvolta ricorrere a cicli di richiamo. Possono esser di ausilio esami strumentali quali la RMN encefalo funzionale che mostra alcuni aspetti dell’architettura del cervello consentendo l’analisi dei cambiamenti in corso».

Quali altre applicazioni future è possibile immaginare per la TMS?

«Si possono immaginare applicazioni in altri ambiti: disturbi del linguaggio e della comunicazione, demenze lievi, riabilitazione dei pazienti post ictus, pazienti neurologici. I risultati preliminari sono molto positivi e la speranza è che la TMS possa presto aiutare anche questi pazienti».